Pluralismo. Parola magica. E la ripetono tutti, presentando la prossima edizione del Salone del libro di Torino. Pura ipocrisia. Tutti sanno perfettamente che la manifestazione libraria non ha nulla di pluralista. Che è una passerella politicamente corretta della gauche intello. Dunque occorre negare anche l’evidenza raccontando una correttezza inesistente.
Comincia Silvio Viale, presidente dell’associazione “Torino, la città del libro”. Dimenticando, ma è solo un caso, gli episodi di censura delle case editrici non politicamente allineate. E proseguono tutti gli altri. Compreso Alberto Cirio, presidente di un governo regionale piemontese che, in teoria, dovrebbe essere di centrodestra ma che, con l’assessore alla cultura che si ritrova, si limita ad accettare qualsiasi scelta della sinistra all’opposizione.
Più onesto Giulio Biino, presidente della fondazione Circolo dei lettori. Perché lui, quando parla di pluralismo, si riferisce ad un’offerta culturale in grado di accontentare le varie fasce di età e di gusti letterari, dai fumetti al romanzo, dai noir ai saggi.
Ma poi si torna alla mistificazione con il direttore uscente, Nicola Lagioia. Che ribadisce la favola del Salone pluralista e poi inizia l’elenco dei primi invitati ufficiali da parte dell’organizzazione. E di pluralismo non c’è ovviamente traccia.
Però è anche vero ciò che sostiene Viale. Al Salone di Torino si svolgono 1.200 eventi e non ci sono soltanto gli ospiti degli organizzatori. Ci sono anche quelli inviati dagli editori. Dunque se gli editori di “destra” non vanno all’appuntamento torinese, o se vanno e non organizzano presentazioni decenti, se evitano accuratamente le serate culturali e gli incontri esterni al Lingotto, beh, in tal caso è difficile dar la colpa ai vertici della manifestazione. Se la più piccola delle case editrici gauchiste investe per affittare un locale o per invitare a cena un po’ di gente, mentre i rappresentanti della cultura di destra preferiscono risparmiare, non si può accusare Lagioia e neppure l’assessore regionale.
Tra l’altro l’edizione di quest’anno – che si intitolerà “Attraverso lo specchio” e sarà caratterizzata ovviamente dall’avversione alla Russia anche in ambito culturale (sempre in nome del pluralismo) – avrà come Paese ospite l’Albania e come Regione la Sardegna. Dunque una regione con la giunta del medesimo colore di quella piemontese. Cirio assicura che ci saranno iniziative congiunte, anche in nome di una storia a lungo condivisa nel Regno sardo. E si vedrà se le due amministrazioni riusciranno ad organizzare qualcosa per cui sono state votate o se preferiranno l’ennesima boiata proponendo Michela Murgia.
In attesa che si riesca ad individuare il nuovo direttore del Salone. In nome del pluralismo si sta litigando su quanto deve essere “rosso” il nuovo responsabile. Perché, ovviamente, la destra nazionale e regionale non ha nomi suoi da proporre.