Il 1972, per la musica, è stato un anno speciale.
Mentre a Monaco si svolgevano le Olimpiadi, tragicamente ricordate per l’attentato di Settembre Nero in cui persero la vita undici atleti israeliani; mentre a Washington scoppiava lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni del presidente Nixon; mentre, in Italia, con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, si apriva la funesta pagina degli Anni di Piombo; mentre nelle sale spopolava il film Il Padrino, la Juventus vinceva il suo quattordicesimo scudetto, e Emerson Fittipaldi vinceva il campionato del mondo di Formula 1 con la Lotus; in quell’anno uscivano una enorme quantità di dischi destinati a fare epoca.
Alcuni di questi segnarono una svolta nella storia della musica, altri sono ricordati ancora oggi come dei capolavori, altri ancora rappresentarono delle conferme, mentre alcuni sancirono il definitivo declino di gruppi che vedevano definitivamente tramontare il loro periodo di maggiore successo.
Cominciando da questi ultimi, nel maggio di quell’anno uscì Mardi Gras, dei Creedence Clearwater Revival, un quartetto che aveva incarnato la miglior musica americana a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Dopo Pendulum, del 1970, la band aveva avuto grossi problemi con il leader John Fogerty, il quale aveva lasciato agli altri tre componenti la responsabilità di gestire la composizione dei brani. Il risultato fu molto deludente: Mardi Gras fu un fiasco. Le canzoni non stavano in piedi, fatta eccezione per la splendida “Someday Never Comes”, l’unica interamente composta da John Fogerty. L’insuccesso fu fatale: la band si sciolse definitivamente nell’ottobre successivo.
In quel periodo di transizione, nel quale i Beatles si erano sciolti da poco, il Beat era morto e la Psichedelia non si sentiva affatto bene, in Europa spopolava la musica Prog. Gruppi come Emerson Lake & Palmer, Genesis, Pink Floyd, Yes vendevano milioni di dischi e riempivano le sale da concerto (gli stadi sarebbero venuti dopo).
Su quell’onda, anche in Italia usciva il primo disco della Premiata Forneria Marconi “Storia di un Minuto”, pubblicato nei primi giorni del mese di gennaio. Il successo fu immediato: niente più canzonette banali con rime facili e strutture strofa-ritornello. Chi si ricorda più che, in quell’anno, Nicola Di Bari vinceva Sanremo con la canzone “I giorni dell’arcobaleno”? La musica di Pagani, Premoli, Mussida e Di Cioccio era tutta un’altra cosa! Musica suonata da interpreti di alto livello, idee nuove, brani lunghi e strutturati. Sulla scia del gruppo milanese, qualche mese dopo, uscì il primo album dei romani Banco del Mutuo Soccorso, il mitico “salvadanaio”. Un disco che ebbe un enorme successo, doppiato alla fine di quell’anno dalla loro seconda uscita “Darwin!”. A partire da quei momenti indimenticabili fu un fiorire di altri complessi più o meno famosi che avrebbero segnato un’epoca: da Il Balletto di Bronzo, a Il Rovescio della Medaglia, agli Osanna, al Museo Rosembach per citare soltanto i più noti.
Tuttavia molte furono, nel corso di quei pochi mesi, le conferme: Made in Japan dei Deep Purple, un live che raccoglieva tutti i loro successi, preceduto da Machine Head che conteneva la mitica Smoke on the Water, Harvest di Neil Young, Transformer di Lou Reed, Thick as a Brick dei Jethro Tull, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie, Foxtrot dei Genesis. Su tutti Exile on Main Street dei Rolling Stones, una raccolta di brani “brutti, sporchi e cattivi” che, in pieno periodo Prog, anticipavano la rivoluzione Punk che sarebbe arrivata di lì a breve.
Ma non dimentichiamo che in Italia, nello stesso periodo, venivano anche pubblicati “Umanamente uomo: il sogno” e “Il mio canto libero”, doppio capolavoro della coppia Mogol/Battisti.
Naturalmente l’elenco potrebbe essere molto più lungo: ma per avere un’idea di quanto succedesse esattamente cinquant’anni fa nel campo della musica, tutto sommato può bastare.