La dignità non fa curriculum. Soprattutto in politica ed in alcuni partiti. Ma almeno il senso del ridicolo dovrebbe rimanere. Invece niente.
Con puro sprezzo del pericolo, gettando il cuore oltre l’ostacolo ed il cervello nel bidone dell’indifferenziato, Silvio Berlusconi ha stabilito che la Cina è un pericolo e non si devono sottoscrivere accordi con Pechino.
Lo avesse detto Luttwak non ci sarebbe stato da stupirsi: gli americani fanno i loro interessi, mica i nostri. Ma quel Berlusconi che blatera di Cina è solo un omonimo di quello che ha fatto finire il Milan in mani cinesi? Cinesi, per di più, con una pessima reputazione ma il Sultano di Arcore non se n’era accorto.
E le Erinni che circondano il sultano, tuonando contro le brutte figure internazionali che il governo giallo verde fa fare all’Italia, saranno solo le copie di quelle che chiudevano orecchie, occhi e restavano mute (quando andava bene) di fronte alla buffonata della finta nipote di Mubarak? Il mondo rideva, ma secondo loro il prestigio nazionale ne beneficiava. Forse beneficiava pure delle intercettazioni telefoniche in cui politiche diventate ora rigorose moraliste si lasciavano andare a considerazioni non proprio da educanda.
Non che sul fronte opposto, sempre meno opposto e sempre più vicino, la situazione sia molto diversa e la memoria imponga qualche attenzione nelle dichiarazioni. Perché il Colaninno del Pd che sproloquia sugli interessi economici degli italiani messi a rischio dal governo, si dimentica sempre di citare i costi che hanno dovuto pagare gli italiani per le scorribande finanziarie del suo babbo. Non ci vorrebbe granché a mandare qualche altro esponente del Pd a parlare di economia, evitando di far infuriare tutte le persone che quando vedono Colaninno junior hanno travasi di bile.
Perché la coerenza non è prevista, nè per l’opposizione nè per la maggioranza. Ma insultare l’intelligenza degli italiani, affidando a certi personaggi dichiarazioni sopra le righe con la speranza che gli ascoltatori abbiano dimenticato comportamenti sopra le righe di quegli stessi politici, è davvero troppo.
Un conto è Tajani che è libero di mettersi al servizio di Trump dimenticando le basi americane e le continue ingerenze Usa in Italia. O al servizio di Bruxelles dimenticando che le aggressioni francesi contro gli interessi italiani in Africa non sono state concordate a livello europeo. Altro conto è se Gelmini, quella del tunnel tra Ginevra e il Gran Sasso, pretende di occuparsi di cultura. Nel primo caso è semplicemente una scelta politica anti italiana. Nel secondo è un attacco al buon gusto.