Su AAAgents un intervento di Andrea Costa, Responsabile Recruiting & Formazione Commerciale di Cerved Group SpA, solleva il problema dell’arretratezza di gran parte delle aziende che
non hanno ancora nulla a che fare con sistemi di acquisizione clienti, strategie di fidelizzazione o anche semplice attenzione ed educazione in favore di chi acquista e ancora meno di conseguenza, con la cura e il supporto di chi vende
Peggio ancora – prosegue Costa – la rete vendita è generalmente considerata nonnun asset aziendale necessario ma come un male inevitabile, qualcosa di estraneo e lontano dall’azienda che spesso tratta come “figli illegittimi” i suoi venditori, preferendo invece concentrarsi totalmente sullo sviluppo del prodotto.
Forse l’autore è eccessivamente generoso poiché, se almeno si investisse adeguatamente sul prodotto, si sarebbe già fatto un passo avanti. Sufficiente negli anni 50 e 60, quando il mercato era affamato di nuovi prodotti che mancavano quasi totalmente e, di conseguenza, mancava anche la concorrenza.
Ora la concorrenza è diventata spietata, il mercato sempre più difficile e competitivo però, assicura Costa, “paradossalmente non è evoluto il rapporto tra azienda e rete vendita: da una parte vediamo l’imprenditore che è generalmente dedicato al prodotto/servizio e all’amministrazione dell’azienda, dall’altra il venditore che deve andare a vendere per i fatti suoi”. Così i due mondi si sono separati sempre più.
Perché le aziende fingono di dimenticare che oltre il 90 % delle vendite, anche quelle on line, si chiudono grazie ad una persona in carne ed ossa ed oltre il 70 % del PIL è generato dagli agenti di commercio.
I venditori, dunque, non sono utili: sono indispensabili. E proprio per questo occorre capacità di scelta da parte delle aziende. Non basta, però. Perché le aziende devono anche investire sull’attività di vendita, sulle iniziative di marketing.
Ma in Italia illudersi sugli investimenti degli imprenditori è un errore capitale.