Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli Venezia Giulia, dopo la grande impresa di aver perso la Valle d’Aosta. E poi Abruzzo, Molise, Lucania, Sicilia, Sardegna.
Il centrodestra, nelle sue alleanze a geometria variabile, governa nella maggioranza delle Regioni italiane. Eppure non è in grado di varare un solo progetto comune. Nessun coordinamento, nessuna collaborazione.
Non è colpa del partito dei magistrati, del destino cinico e baro, del cambiamento climatico, dei poteri forti di Bruxelles, di Soros o del Fmi. La colpa è dei presidenti eletti dal popolo di centro destra che sognava ben altri risultati. La colpa è dei partiti che hanno nominato assessori inadeguati.
Eppure il nuovo governo rosso giallo imporrebbe al centro destra, se fosse capace, di organizzare una resistenza sul territorio. Con una collaborazione continua ed efficace tra Regioni, tra Comuni. Invece, nelle migliore delle ipotesi, si assiste ad inutili perdite di tempo a tavoli che non portano mai a risultati concreti. Non basta che il privato cittadino Mino Giachino, dopo aver organizzato a Torino le manifestazioni a favore della Tav, provi ad organizzare a Genova manifestazioni a favore della Gronda. Perché è evidente a tutti che Piemonte e Liguria sono interconnesse a livello di infrastrutture, di logistica. Ma ciascuno poi pensa al proprio territorio.
E se le infrastrutture dipendono, comunque, da un governo centrale nemico, nulla (se non l’ignoranza) impedirebbe ad esempio la creazione di un circuito culturale in grado di garantire convegni di carattere internazionale, concerti, presentazioni librarie, mostre di artisti dal Piemonte alla Sardegna, dal Trentino alla Sicilia, dalla Lombardia alla Lucania, dal Veneto all’Abruzzo. Solo così si potrebbe sviluppare una cultura alternativa ai Saviano, ai Fazio, alle Gruber. In Trentino un assessore coraggioso lo sta facendo, ma non si crea un circuito se è solo un assessore ad aver capito l’importanza della collaborazione.
Lo stesso vale per le attività imprenditoriali. Il disastro della pastorizia sarda, legato sia alla fase di produzione sia alla commercializzazione, potrebbe essere affrontato attraverso la collaborazione con le altre Regioni. I prodotti di nicchia e di qualità di alcuni territori alpini, allo stesso modo, potrebbero trovare nuovi sbocchi prescindendo dai canali della Grande distribuzione organizzata.
Ma forse è pretendere troppo da assessori che hanno difficoltà a confrontarsi con le altre province della stessa regione e che sarebbero pronti a metter mano alla pistola quando sentono parlare di cultura, se solo conoscessero la citazione..