La perenne campagna elettorale di Matteo Salvini ha portato il leader della Lega ad una manifestazione della Coldiretti. In politica, si sa, i nemici di ieri possono essere gli amici di oggi e, dunque, si può far finta di ignorare l’entusiasmo Coldiretti per il bugiardissimo Renzi, persino per Martina.
O i troppi assessori regionali all’Agricoltura che hanno dismesso la casacca Coldiretti per indossare quella di esponenti del Pd.
Bisogna guardare avanti, così Salvini scopre che gli esponenti della maggiore organizzazione degli agricoltori si sono trasformati in patrioti. Forse non vogliono più l’invasione di schiavi per ridurre il costo della manodopera, come sostenevano poco tempo fa, in pieno accordo con il Pd e Boldrine varie. Meglio così.
D’altronde il nuovo ministro dell’Agricoltura, di fede renziana, in accordo con il pentastellato ministro dell’Ambiente, ha pensato subito a provvedimenti per massacrare l’agricoltura italiana con una serie di proposte demenziali. Ed allora si può cambiar bandiera, ci si può fare i selfie con Salvini e si può procedere ad un accordo politico che favorisca la produzione di alimenti a km zero.
Tutto bello, sano, pulito e giusto. O forse no. Perché qualche dubbio sul fatto che siano “giusti” i prezzi del km zero sorge inevitabilmente ogni volta che si mette mano al portafoglio. Per il latte, ad esempio. Gli allevatori si lamentano, giustamente, perché il latte alla stalla viene pagato una miseria: 30/40/ 50 centesimi al litro a seconda delle località e degli accordi. Quel latte fresco che, sugli scaffali dei supermercati, viene venduto a prezzi da 1,40 euro in su, sino a sfiorare i 2 euro. Pesano i troppi passaggi con relativi margini di guadagno di ogni operatore intermedio.
Dunque se si pensa al km zero al costo del latte alla stalla va aggiunta la lavorazione (pastorizzazione, imbottigliamento..) ma una quota ridottissima legata al trasporto. Oltre al margine del negoziante. Perché, allora, il costo finale è superiore? Perché il pane nero a km zero viene venduto a 10 euro al kg nelle feste di paese? Ma si potrebbe continuare con ogni alimento. Birre con costi di produzione estremamente ridotti vengono vendute a cifre esorbitanti anche quando commercializzate direttamente nel birrificio, dunque senza alcun costo di trasporto.
Se l’agricoltura ed il piccolo artigianato alimentare vogliono contrastare lo strapotere delle multinazionali, devono imparare ad essere più corretti. Perché le mode si possono cavalcare e possono rendere molto, ma poi finiscono. Ed acquistare il pane a 10 euro al kg può essere lo sfizio di un giorno, non un’abitudine per la maggioranza dei consumatori. Il latte a due euro al litro può essere un piacere, ma difficile da mantenere per chi deve sopravvivere con le retribuzioni italiane. Ed allora, se si vuol puntare sul cibo a km zero, o si aumentano i salari o si riducono i prezzi.