Tempo di fine vendemmia e tempo di primi bilanci per il vino. Potrebbero non essere entusiasmanti. Perché, dopo anni ed anni di trionfalismo senza fine, sia a proposito della qualità sia per ciò che riguarda le vendite, pare arrivato il momento di fare i conti con una realtà ben diversa. La bolla sta scoppiando?
Forse è già scoppiata perché i grandi rossi italiani, quelli che finivano immancabilmente all’estero poiché gli italiani sono straccioni che non possono permettersi qualità e prezzi elevati, pare stiano ingombrando gli scaffali delle cantine. Mentre la grande distribuzione riduce lo spazio destinato al vino per dedicarlo alle birre. In attesa che scoppi anche la bolla delle birre artigianali dal prezzo privo di ogni rapporto con i costi reali.
Ma in questa fase è il vino che pare destinato a pagare il prezzo più alto per politiche commerciali che hanno reso molto ma che ora potrebbero trasformarsi in un boomerang per molti produttori. Aver imposto prezzi eccessivamente elevati, nella consapevolezza di poter vendere il vino quasi interamente sui mercati esteri, ha provocato un disamoramento da parte del consumatore medio italiano. Non più abituato a bere un paio di bicchieri a pranzo ed a cena perché non può permettersi un esborso così elevato. Ed infatti i consumi di vino in Italia sono crollati.
Bere meno ma bere meglio. Slogan che ha avuto successo a lungo, ma ora si rinuncia del tutto a bere vino. Peccato che, sui mercati internazionali, non si stia rinunciando al vino ma al vino italiano. Troppo caro, spesso, in rapporto alla qualità percepita ed a quella reale. Grazie ad enologi sempre più preparati si è rinunciato a produrre il vino in vigna per andare a “costruirlo” in cantina. Così i vini di moda hanno visto aumentare in modo eccessivo la superficie vitata, andando ad occupare terreni per nulla vocati.
In altri casi si è arrivati a ripetere i miracoli di Gesù, trasformando l’acqua in vino dal momento che superfici estremamente limitate sono riuscite misteriosamente a produrre vino per un numero incredibile di bottiglie. Se poi si aggiunge la sofisticazione internazionale, con kit che consentono di produrre i grandi vini italiani grazie a polverine magiche e senza la presenza di uva, si capisce perché è normale che la bolla esploda.
Però, per fortuna (e per merito), la crisi non colpirà tutti. Le produzioni di nicchia di vitigni autoctoni sembrano reggere meglio rispetto ai vini fighetti, almeno sino a quando la curiosità spingerà i consumi. E cresce la domanda di nuove bollicine come Alta Langa. Mercati molto spezzettati, dove il passaparola funziona ancora o dove funzionano gli uffici stampa che non si limitano ad inviare a strascico comunicati stampa che paiono sempre uguali. Come se per raccontare un vino fosse sufficiente il giudizio del produttore.