Pare incredibile ma, per una volta, il sindaco di Torino Chiara Appendino ha azzeccato un’analisi. È come se Virginia Raggi riuscisse a risolvere, anche solo per un giorno, il problema della spazzatura a Roma.
Dunque Appendino ha commentato la disfatta della coalizione rossogialla in Umbria ed ha spiegato che il nodo da affrontare non è rappresentato dall’alleanza ma dalla forza di Salvini e Meloni (giustamente ha ignorato Berlusconi, visto che ha parlato di “forza” e non di declino).
Ovvio che il sindaco pentastellato non voglia attaccare l’accordo rossogiallo, anche perché spera ancora di essere rieletta con il sostegno del Pd. Al momento una pia illusione, considerando le quotidiane critiche che proprio il Pd rivolge al sindaco ed ai suoi assessori mentre Mimmo Portas, leader dei Moderati confluiti nel partitino del bugiardissimo Renzi, giura che mai e poi mai appoggerà un Appendino bis.
Ma queste sono baruffe locali, di scarsa importanza. Il problema resta quello indicato dal sindaco: Lega e Fdi offrono risposte ai bisogni della gente, di un popolo che non si sente rappresentato dagli oligarchi della sinistra, dalla spocchia dei radical chic, dall’arroganza della gauche caviar.
Non ha neppure rilevanza se le proposte di Salvini e Meloni siano credibili o meno, se siano realizzabili. Perché, a monte, c’è il totale rifiuto delle soluzioni prospettate dai rossogialli: porti aperti, prima gli stranieri, precariato, pensioni solo dopo la morte sul lavoro. Ed uno Stato di polizia non per difendere i più deboli dai violenti o per colpire le multinazionali che non pagano le tasse, ma per controllare ogni piccola spesa di chi non ha santi in paradiso.
Senza dimenticare che il popolo minuto, quello delle periferie ma anche il ceto medio tartassato, si rende perfettamente conto di essere disprezzato dagli oligarchi che impediscono il voto nella consapevolezza di essere sconfitti.
Però è anche vero che non si può governare un Paese soltanto con il risentimento per quanto sacrosanto. E non si risponde ai bisogni popolari e del ceto medio con le ricette del sultano di Arcore che ripete sempre le stesse cose, a partire dalle critiche agli alleati che non saprebbero governare senza di lui. D’accordo, ormai Berlusconi è patetico e Forza Botulino è solo un fastidio.
Però per andare oltre servirebbe superare gli slogan e far crescere il livello complessivo. Stefano Bruno Galli, assessore alla Cultura della Regione Lombardia, lo ha ammesso recentemente: il centrodestra deve investire sulla cultura, se vuole un reale cambiamento. Perché lasciare agli avversari la gestione dei teatri, dei musei, del mondo dello spettacolo, dei programmi scolastici, dell’Università, significa solo favorire il perpetrarsi della cultura opposta, quella dei radical chic che condizionano il pensiero generale. E che vengono sconfitti nelle urne ma vincono ugualmente perché impongono la loro visione del mondo.