Qual è il nemico principale per Washington ed i maggiordomi europei? La Russia o la Cina? Essendo profondamente ottusi, gli atlantisti stanno facendo una grande, e pericolosa, confusione nell’individuazione dell’avversario e, di conseguenza, nelle misure messe in atto per contenerlo. Scoperchiando, di fatto, il vaso di Pandora.
Perché la guerra in Ucraina, e le suicide sanzioni imposte da Biden e adottate dai maggiordomi, hanno sicuramente indebolito la Russia, ma soprattutto sotto l’aspetto dell’indipendenza economica, trasformandola in una sorta di vassallo di Pechino. Il che, ovviamente, ha rafforzato ulteriormente la Cina che sta approfittando di gas e petrolio a prezzi scontati per rendere la propria economia sempre più competitiva rispetto a quella europea che paga gli stessi prodotti a prezzi molto superiori.
Però Xi Jinping è andato oltre. Ed ha iniziato ad erodere le posizioni di Mosca sulla scena internazionale. Partendo dai Paesi ex sovietici dell’Asia Centrale. “Una faccia, una razza”, in fondo vale sempre. E l’impero russo è vero che è multietnico, come sono in parte multietnici i Paesi ex sovietici. Però la componente asiatica è prevalente mentre a Mosca e San Pietroburgo la situazione è ribaltata.
Ma l’espansione cinese non è limitata all’Asia Centrale. Il capolavoro diplomatico realizzato tra Iran ed Arabia Saudita, seguito dalla riammissione della Siria nella Lega Araba, sono la dimostrazione concreta del nuovo ruolo mondiale di Pechino. Che si rafforza in Africa e pure in America Latina. Rendendo clamorosamente evidente l’irrilevanza europea e l’odio globale per l’arroganza statunitense.
Però gli atlantisti ottusi, cioè praticamente tutti, non si accorgono che l’odio per Washington non significa affatto amore per Pechino. Tutt’altro. I russi non sono particolarmente entusiasti dei cinesi, e viceversa. Ma l’idiozia occidentale li ha spinti gli uni nelle braccia degli altri. E l’India e la Cina hanno gravi tensioni sui confini, però fanno entrambe parte dei Brics, con russi, brasiliani e sudafricani. Ora, però, altri 30 Paesi vogliono entrare a far parte del club dei 5. E tra questi figurano Algeria e Messico, Argentina e Arabia Saudita, Iran e Turchia, Egitto e Venezuela, Emirati e Kazakhstan, Indonesia e Nigeria, Uruguay e Pakistan.
Paesi molto diversi, a volte in aperto contrasto tra loro. Ma uniti contro l’arroganza statunitense, contro la tirannia del dollaro, contro il servilismo europeo che impone sanzioni ai nemici degli USA. I nuovi Brics non saranno un’alternativa ai guerrafondai della Nato ma, tutt’al più, al Fondo Monetario Internazionale. E per i maggiordomi europei questa è una minaccia ancora più seria. Perché significherà un maggior potere contrattuale dei Paesi non allineati, una concorrenza più forte, una competitività in grado di spazzar via numerose attività imprenditoriali europee.
Certo, la scelta di essere “Non allineati” significa frenare anche l’espansionismo cinese. A meno che gli idioti criminali di Washington non individuino qualche altro Paese da sanzionare, obbligandolo a riavvicinarsi a Pechino.