I compromessi suscitano, spesso, grandi perplessità. Così le misure anti virus prese dal governo dei più buoni – come ironizzava Gaber – oscillano tra rigore e permissivismo con il brillante risultato di essere ridicole.
Si vietano gli assembramenti, a partire dagli incontri di calcio a Milano e Bergamo, ma si lasciano aperte le stazioni ferroviarie dove gli assembramenti non mancano di certo. Si chiudono le università ma si lasciano aperti uffici e fabbriche.
Si ricorda che il tasso di mortalità è estremamente basso, ma si evita di sottolineare che i costi per la sanità saranno enormi, con risorse sottratte ad altri ambiti. È evidente che non si può chiudere per virus una città come Milano, bloccando il lavoro e la vita quotidiana. Ma è abbastanza squallido che l’unico elemento preso in considerazione sia il Pil. Non chiudiamo le aziende perché producono ricchezza, chiudiamo le università perché non garantiscono una ricaduta economica (è falso, ma i politici italiani non lo capiscono, se no non avrebbero piazzato al ministero Fedeli, Gelmini, Bussetti). Vietiamo i divertimenti ma non prendiamo misure di sicurezza per chi viaggia.
In fondo è la stessa logica che porta alle stragi sul lavoro. Se la sicurezza ha un costo, eliminiamo la sicurezza in fabbrica o nei campi.
In questo caso, però, è curiosa l’idea del governo. Il virus, evidentemente, si diverte a colpire i tifosi, forse per la derivazione da “tifo”, ma prova un profondo rispetto per chi lavora in mezzo ad una folla di colleghi. Colpisce gli studenti, senza far distinzioni tra somari e diligenti, ma si guarda bene dall’infastidire chi viaggia per lavoro. Ancora non è chiaro se i tifosi sui treni sono più a rischio oppure no.
D’altronde questo è il Paese dove un genio aveva sostenuto che i primi casi di contagio o erano falsi o erano responsabilità di fascio leghisti. Affidarsi a simili personaggi non può portare a grandi successi. Però permette a Giuseppi Conte di respirare, politicamente, senza mascherina. Perché l’emergenza riduce le polemiche, smorza i contrasti. Tutti uniti contro il coronavirus, ora e sempre resistenza. E se non ci saranno i soldi per le pensioni e gli investimenti, sarà colpa del virus. Se le aziende ridurranno la produzione e l’occupazione, sarà colpa del virus. Il grande alibi.
Mentre il panico dilaga e si assaltano i supermercati per accaparrarsi scorte di disinfettanti per il corpo e per la casa. Ma la folla nei supermercati non crea problemi, non è a rischio. E poi come si può sperare di evitare il panico quando prima si negano i rischi in quanto frutto di propaganda politica delle destre e poi si proclama lo stato d’assedio per evitare il diffondersi dell’inesistente epidemia? Dilettanti allo sbaraglio in un governo ridicolo.