Che meraviglia il lavoro da casa! E non importa se si tratta di Smart working o di telelavoro, con le differenze contrattuali e di impostazioni dell’attività. L’importante è farlo da casa.
Oggi per fronteggiare l’emergenza sanitaria, domani per ridurre l’inquinamento legato agli spostamenti, per non sprecare ore e ore di viaggio (nel caso dei pendolari), per minimizzare gli sforzi e massimizzare il risultato.
E che bello, per i docenti, poter fare lezione da casa. Senza il fastidioso chiacchiericcio degli studenti, senza che possano giocare in fondo alla classe.
Un mondo di monadi, di individui isolati che interagiscono esclusivamente in modo virtuale. Che acquistano il cibo online, che scelgono i vestiti sulla Rete, che si innamorano su Skype e sulle piattaforme di incontri online. Chiusi in casa, perché camminare in un parco potrebbe essere pericoloso, perché calpestare l’erba potrebbe portare malattie mortali.
Forse, però, non è proprio un affare. L’isolamento non è il modo migliore per far valere i diritti dei lavoratori, per contrapporli alle imposizioni della proprietà. “L’unione fa la forza”, è stato dimenticato. Ma la collaborazione, il confronto continuo con il vicino, la discussione servono anche per sviluppare nuove idee, per individuare nuove soluzioni.
L’isolamento casalingo è utile solo per provocare alienazione, per produrre una presa di distanza non solo fisica rispetto ai colleghi, certo, ma anche rispetto all’azienda.
E nella scuola? Certo, ci possono essere insegnanti dotati di apparecchiature d’avanguardia e di documenti da utilizzare e da condividere in rete con gli allievi. Ma ci saranno altri insegnanti che si limiteranno a far lezione con una telecamera che li riprende con la regolare camicia e nascondendo mutande e ciabatte. È vero che non serve una giacca per insegnare, ma la sciatteria riguarderà anche la materia. Mentre gli studenti, isolati ciascuno a casa propria, perderanno tutti gli aspetti fondamentali della crescita condivisa. Niente amicizie, niente innamoramenti, niente litigi.
È ovvio che questo tipo di mondo sarà più facile da governare, da guidare come un gregge che si unisce solo virtualmente. Incapace di opporsi, incapace di reagire, pronto a subire qualsiasi vessazione. Chi si batterà per tutelare un amico licenziato o punito ingiustamente a scuola, se nessuno è più un amico vero, reale?
Tutti felici, oggi, di non perdere un’ora di vita per andare in ufficio. E tutti rassegnati quando quell’ora sarà imposta per lavorare di più, per lavorare mentre si cucina, mentre si mangia, mentre si va in bagno. Nessuna pausa caffè con i colleghi, se i colleghi non ci sono più. Dunque nessuna pausa caffè e basta. Peccato che una simile organizzazione del lavoro sia fallimentare in termini di risultato. Ma ai padroni del mondo, in fondo, poco importa.
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Ciao Augusto, questa volta non sono d’accordo, anche lo Smart working o come io preferisco chiamarlo il lavoro a distanza è uno strumento ,e come tale deve essere utilizzato bene avendo una buona organizzazione ed un uso sensato . Perché se invece di andare in ufficio 5 o 6 giorni la settimana ci organizziamo e ci andiamo due o tre pianificando incontri e cose da fare si risparmierebbe tantissimo …
Quello che prospetti tu mi sembra un concetto estremo di Smart working che certamente non deve essere imposto . Un abbraccio ed un saluto a mano aperta .