Dopo aver scatenato l’odio tra chi è recluso, con tutta la famiglia, in un alloggio di 40 metri e chi gli intima di restare recluso mentre gioca a pallone su un terrazzo da 200 metri; tra chi è terrorizzato da chiunque esca a far la spesa e chi sostiene che l’immobilismo domestico faccia più danni alla salute del rischio Elsavirus;
tra chi vorrebbe andare a recludersi nella sua casa di vacanza e chi ritiene che i turisti debbano mantenere gli operatori turistici con un bonifico dalla città evitando di infastidire con la propria presenza; dopo tutto questo è arrivato il momento dello scontro tra imprenditori e lavoratori/consumatori.
Un circolo vizioso da cui non si sa come uscire. E non si sa perché manca una strategia complessiva. Passi per un governo di incapaci che non sanno come affrontare i problemi quotidiani. Ma le opposizioni, non dovendo governare, avrebbero la possibilità di dedicarsi all’individuazione di un futuro, quale che sia.
Invece si vellica ogni tipo di elettorato. Accontentare tutti perché le promesse non costano nulla. Così Berlusconi, riportato in auge dalle sue tv, fa il portavoce di Confindustria e chiede soldi pubblici per le aziende che continuano a lavorare e ad incassare. Ma i soldi li chiedono anche le partite Iva che hanno dovuto sospendere l’attività e avrebbero anche la pretesa di mangiare tutti i giorni. E alle famiglie non vogliamo dar nulla? A prescindere se si tratti di famiglie i cui componenti continuano a lavorare, se sono in cassa integrazione, in ferie forzate.
Gli unici garantiti sono i divanisti che incassano il reddito di cittadinanza, le Ong che vivono sulle spalle dei migranti, i migranti che non fanno nulla e vengono mantenuti da chi non vuole aiutare gli italiani.
Questa la situazione da cui partire. Ma per andare dove? Le industrie, che Berlusconi vuol far sovvenzionare dallo Stato, per chi produrranno se i consumatori italiani diventeranno sempre più poveri? Ma perché le tasse degli italiani impoveriti dovrebbero servire per favorire le esportazioni di chi li impoverisce? E se gli italiani riducono le spese, gli acquisti, che fine fanno i negozi, i ristoranti, i bar, gli agenti di commercio? Non è bastato il virus per far comprendere che la globalizzazione comporta rischi e non è la panacea?
Non è bastato per far capire che senza i consumi interni salta tutta l’economia? Ed allora, forse, si dovrebbe ripartire dal lato opposto. Dal reddito delle famiglie prima di quello dei migranti, dalla riduzione dell’oppressione fiscale, dalla tutela del lavoro prima di quella degli speculatori. In questo modo si garantirebbe la tenuta del tessuto imprenditoriale, non attraverso le regalie destinate a chi ha evitato gli investimenti e si è ritrovato fuori mercato perché non più competitivo. Ma arriverebbero gli strali di Confindustria e le destre non riescono a superare questa dipendenza.