Tutti contro Michela Murgia che ha osato criticare, con la consueta volgarità, i testi delle canzoni di Battiato. Molti, di quelli che hanno attaccato Murgia, probabilmente non sanno neppure chi sia. D’altronde è difficile definire il personaggio.
Opinionista? Probabilmente sì, in un’Italia dove ci sono 60 milioni di opinionisti, 60 milioni di allenatori di calcio, 60 milioni di virologi, 60 milioni di esperti di viadotti.
Perché mai, dunque, negare a Murgia il diritto di esprimere la sua opinione? Solo perché lei, quel diritto, lo nega a chi non la pensa come lei (cioè a chi pensa, in pratica)? O perché Battiato non può e non deve essere criticato? In un Paese normale, dunque non l’Italia, le critiche dovrebbero essere permesse a tutti nei confronti di tutti. In Italia no. Vietato criticare Mattarella, vietato criticare il governo in una fase di emergenza (è sempre in emergenza), vietato criticare la costituzione, l’anpi, gli arbitri, i giornalisti di servizio, il papa, il festival di Sanremo, il gay-pride, Gassman (la famiglia intera), i migranti, le Ong, Benigni. Un elenco sterminato a cui, forse, deve essere aggiunta anche Mannoia. Battisti no, era politicamente sbagliato dunque si possono criticare i suoi testi anche se non erano suoi ma di Mogol.
Al di là di tutto, appare squallido non il giudizio sui testi di Battiato, ma il momento scelto per attaccarli volgarmente. Approfittando di un momento di profonda difficoltà fisica del musicista siciliano. Un comportamento da sciacalli. Possono entusiasmare o lasciare indifferenti, persino disgustare, ma ciò non dovrebbe portare alla mancanza di rispetto umano manifestato da Murgia.
Però bisogna capire anche lei. Che non è una scrittrice incapace, come hanno sostenuto in tanti. Anzi, il problema è proprio questo. Con “Accabadora” ha dimostrato di avere ottime capacità. Peccato che lì sia iniziato il disastro. Un ottimo libro seguito dal nulla cosmico, da opere senza idee, senza nerbo. Non bastava il sostegno fazioso di una critica allineata per trasformare pagine inutili in un capolavoro. Un po’ come quei cantanti che hanno avuto successo con un unico brano e poi sono scomparsi dalla scena. Costretti a cercarsi un lavoro per tirare a campare.
Così la poverina ha dovuto reinventarsi come opinionista. Ma non avendo grandi idee, e neppure una preparazione decente, è stata obbligata a diventare sempre più volgare, assurda, squallida. Inventandosi una scemenza via l’altra pur di continuare ad apparire, per fingere di esistere. Non è facile svegliarsi ogni mattina, guardarsi allo specchio e non vedere nulla. Ed allora la poverina è costretta ad attaccare chi non può difendersi. Uno sporco lavoro, il suo. Che deve indurre a pietà, non agli insulti.