Forse si sono accorti che aver seminato il terrore tra le pecore italiane è stato un errore. Forse si sono accorti che le pecore possono fornire lana e latte ma non trascinano un Paese verso la ripresa. Ed allora la squallida classe dirigente italiana ha affidato al Corriere della Sera il compito di insufflare un briciolo di coraggio in un popolo che ha paura di uno starnuto.
Al Corriere perché era il quotidiano della buona borghesia italiana, prima che gli oligarchi spazzassero via la buona borghesia, proletarizzandola. Ma ora il quotidiano milanese ha il compito di richiamare alle armi quella che dovrebbe essere la spina dorsale del Paese. Quella che ne era la spina dorsale prima di venir confinata su un divano a far quadrare i conti della propria esistenza materiale e spirituale.
Da dove ripartire? Dal Risorgimento, assicura il Corriere, in un articolo di Cazzullo. Che, in un insolito afflato di libertà e di onestà storica, ammette che il 25 aprile non può essere una data unificante. Dunque il Risorgimento. Poi, però, il quotidiano commette un errore. Grave. Perché ricorda i pensatori protagonisti di quel periodo storico, da Cavour a Gioberti, da Mazzini a Cattaneo. Ora diventa difficile credere ad un nuovo Risorgimento affidandosi a Saviano e Burioni, a Benigni e Achille Lauro, a quel nulla cosmico che anche il Corrierone ha trasformato in maître à penser.
Non si tratta di un articolo isolato. Il quotidiano di via Solferino scatena un’offensiva a tutto campo, indicando le linee guida per la ripresa. Magari un po’ contraddittorie, ma la confusione è grande sotto il cielo. E poi meglio idee confuse che nessuna idea.
Una ripresa che dovrà essere verde, attenta all’ambiente. Poi, però, viene intervistato Beppe Sala, sindaco di Milano, che dimostra una incredibile ed imbarazzante mediocrità. Il virus è servito ad evidenziare dei limiti gravissimi del sindaco, limiti che la crescita inarrestabile della città aveva mascherato. I milanesi (ma vale per tutte le grandi città italiane) non potranno più contare sui mezzi pubblici perché il distanziamento ridurrà al 30% la portata oraria nei momenti di massima affluenza. Dunque auto private e via con l’inquinamento. Ma a quel punto si chiuderanno ampie aree cittadine e studenti e lavoratori dovranno arrangiarsi. Questi sì che sono progetti chiari.
Ovviamente il Corriere non si occupa solo delle banalità di un Sala qualunque. Ha uno sguardo d’insieme, globale. E scopre che il parlamentarismo pare sia passato di moda. In Ungheria, ovviamente. Non in una Italia dove il lìder minimo procede a colpi di decreto ignorando l’esistenza di un Parlamento. Il caso italiano è particolare poiché, a fronte di una politica di livello imbarazzante, stanno i sedicenti esperti che sono persino più imbarazzanti dei politici. E su questo il Corriere ha enormi responsabilità.
Così come le ha sul messianico affidarsi allo statalismo come reazione all’incapacità del libero mercato. Sono stati i media a trasformare in miti ed eroi dei pessimi capitalisti che si sono limitati a sfruttare e depredare. Ed ora è inevitabile che il gregge si senta più rassicurato da uno Stato incapace più che da industriali rapaci e sfruttatori; da burocrati inefficienti e deleteri più che da predatori impegnati nella delocalizzazione. Al Corriere si sono dimenticati di aver esaltato i “capitani coraggiosi” che non erano coraggiosi ed erano solo pirati.
Da qualche parte, però, bisogna pur ripartire. E se la politica offre Fiano e Sestino Giacomoni, la Bestia e Andrea Romano, Bellanova e La Russa, beh allora è comprensibile che al Corriere si illudano di rilanciare l’Italia affidandosi al “signore di mezza età” che non potrebbe neppure allacciare le scarpe a Marcello Marchesi.