Non c’è più religione. E non solo per colpa di monsu Bergoglio che l’ha trasformata in una sociologia di banalità assoluta. Non c’è più religione neppure per i turbocapitalsti da quando la loro Bibbia, il Financial Times, ha chiarito gli effetti del virus sulle imprese, scardinando convinzioni che parevano definitive, instillando dubbi laddove c’erano solo certezze.
La taccagneria alla Paperon de Paperoni non è più una qualità ma si trasforma in un vizio mortale.
Chissà quanto si starà preoccupando Urbano Cairo, un simbolo per tutti i “braccini” d’Italia. Il giornale economico demolisce il just in time trasformato nel primo comandamento dell’imprenditore, sconfessa il precariato come strumento per garantire qualità e profitti durevoli, spiega che i ricatti continui nei confronti dei fornitori non sono la strada giusta per crescere e neppure per sopravvivere in questo tempo di emergenza. E le strategie per il futuro, per la ripresa, dovranno essere completamente diverse, basate sulla collaborazione con fornitori e dipendenti, sulla stabilità dell’occupazione, sulla rinuncia allo sfruttamento ed a quella puttanata ignobile che è la gig economy.
Per fortuna gli imprenditori italiani non leggono il Financial Times. Non leggono proprio, per risparmiare tempo e denaro. Così potranno insistere con la regolarizzazione di centinaia di migliaia di schiavi da poter sfruttare nei campi e nelle fabbriche. Che, chissà perché, diventano sempre meno competitive rispetto agli ingenui industriali stranieri che continuano ad investire, ad ammodernare impianti ed organizzazione del lavoro.
Ma dall’Inghilterra arriva anche un altro invito ad un cambiamento radicale. Lo racconta Gennaro Malgieri, su Formiche, citando Douglas Murray ed il suo libro “La strana morte dell’Europa”. In pratica si sostiene l’assoluta necessità per i conservatori di cambiare pelle, di diventare neoconservatori non nel senso di essere nuovi conservatori ma di essere qualcosa di nuovo, di diverso.
Non oligarchi con la puzza sotto al naso – per questo ci sono già i radical chic, i bobo parigini, molti laburisti britannici e la stragrande maggioranza dei piddini italiani – ma politici che sappiano mescolarsi con un popolo che vuole il cambiamento perché ha bisogno assoluto del cambiamento. Con un’attenzione particolare all’ambiente, un tema fondamentale che non può essere lasciato agli slogan insulsi di Greta e dei suoi gretini. Ma con altrettanta attenzione alla sempre più difficile sopravvivenza dell’Europa e degli europei. Una sopravvivenza messa a rischio dalle politiche per favorire l’immigrazione di massa, per impoverire gli europei, per svuotare di significato ogni politica del Vecchio Continente che non sia decisa dagli speculatori apolidi, dagli euro cialtroni al servizio dei banchieri e degli interessi anti europei ed anti nazionali.