Quando Umberto Eco si lamentava per i discorsi da bar trasferiti sui social, forse si era dimenticato della realtà dei bar. Nel senso che i social sono molto peggio. Certo, anche al bar non mancavano i blagueurs, i banfoni, quelli che sapevano tutto di tutti anche quando non sapevano nulla. Ma in genere finivano spernacchiati, venivano presi in giro, si trasformavano in macchiette.
Sui social no. Il distanziamento, la mancanza di una vera conoscenza permette ai fafiuchè di esibirsi senza timore di essere irrisi dagli avventori del locale di un tempo.
Ce ne sono di vari tipi. Il più classico, ma anche il più banale, è quello che lo sapeva già. Qualsiasi cosa venga annunciata, lui (o lei) la conosceva. “Non è una novità”, assicura, con la variante “E dove sarebbe la novità?” in cui traspare, persino dallo schermo, il fastidio e la supponenza con la quale l’interlocutore si è degnato di commentare. Non importa se l’episodio commentato è appena avvenuto o deve ancora avvenire, se è uno scoop giornalistico o una vicenda personale di chi l’ha appena vissuta: “Lo sapevo già”. Perché la primazia garantisce la visibilità a chi, in realtà, nulla sa perché nessuno si degna di colloquiare con il blagueur.
Simili sono quelli che si sentono in dovere di commentare ciò che non conoscono. “Quel libro? Modesto, l’autore non approfondisce”. Ma come fai a saperlo, se non è ancora uscito? Hai letto le bozze? “No, ma lo so lo stesso”. E nascono accese discussioni su libri che nessuno degli interlocutori ha mai letto, su personaggi che non conoscono.
E come dimenticare quelli che, di fronte ad una notizia scomoda, la bollano come falsa? “È una fake news!”. Come lo sai? Conosci il problema? No, ovviamente. Ma il giudice social si sente un grande giornalista anche se la sua unica esperienza è stata quella sul giornaletto di classe dove il suo articolo è stato rifiutato. Dunque la notizia è falsa a priori, perché se fosse stata vera sarebbe stato lui a darla.
Il bar, inoltre, consentiva maggior tolleranza linguistica. Si poteva utilizzare il dialetto, gli errori di italiano fuggivano veloci, verba volant. Sui social gli scritti restano. Con i loro errori da tablet o smartphone (è al posto di e, ma sono spiegabili con le tecnologie utilizzate), e fin qui va bene, ma anche con strafalcioni che farebbero inorridire persino Azzolina. Congiuntivo e condizionale a casaccio, però in grado di spiegare i retroscena di incontri riservati tra Putin e Merkel; tu al posto di te, ma si può criticare la poesia carducciana; h collocata a sproposito, ma già da agosto sapevo del coronavirus.
Sì, si stava meglio al bar e persino nel Trani a gogo.. (e non è un brano di Claudio Villa).