Il lìder minimo ed i dittatorelli ci hanno preso gusto: lo stato di emergenza verrà prorogato. Sino a fine anno, almeno. Ma si potrebbe proseguire a vita. Tanto ci sarà bene qualche altra emergenza, sanitaria, economica, sportiva. Va bene un raffreddore o la sconfitta in una gara di curling, lo spread che risale o un temporale con grandine. L’importante è non rinunciare alla poltrona.
Già, perché per affrontare il Covid basterebbe un ministro competente, non c’è bisogno dei decreti del lìder minimo. La zona rossa possono deciderla Lamorgese e Speranza. Invece no. Bisogna governare con i decreti di Giuseppi. Che decide chi deve andare a lavorare e chi si spaparanza sul divano. Pollice verso o pollice nel pugno (non è il caso di sprecar tempo a spiegarlo a Giggino), decide l’imperatore Giuseppi I.
Ovviamente i decreti potranno limitare le campagne elettorali per le regionali, meglio ancora se le limitazioni riguarderanno solo le regioni dove i partiti di governo sono in difficoltà. Se i sondaggi saranno troppo negativi, si potrà sospendere il voto. Ludi cartacei, e la carta trasmette il virus. In Toscana e Campania, dove i governativi sono favoriti, il virus invece non rappresenta un pericolo.
D’altronde, con questa opposizione, non è difficile sospendere la democrazia, cancellarla. Incapaci di proposte che non siano una imbarazzante lista della spesa, sono anche incapaci di protestare in modo credibile. Due strilli in pubblico e poi tutti ad abbuffarsi in qualche trattoria romana, tra pacche sulle spalle e risate con gli stessi con cui si è fatto finta di litigare. Le storie d’amore sul genere De Girolamo/Boccia sono il simbolo della buffonata generale.
L’importante è che il popolo bue non reagisca, che si dedichi allo spritz o alle chiacchiere sul rigore non dato, che protesti contro l’insegnante del figlio o il collega di ufficio.
Non disturbare il manovratore. Anche se il lìder minimo non è un tranviere, e se rischia che i poteri forti che lo comandano si stanchino delle sue dimostrazioni di incapacità.