Il Sottosistema Torino perde ancora. Il tribunale unificato dei brevetti prende la strada per Milano e il capoluogo subalpino si accontenta, nella migliore delle ipotesi, della sede per l’istituto per l’intelligenza artificiale (forse perché quella naturale si è esaurita). “Le ultime due vittorie per Torino – ricorda Mino Giachino, ex sottosegretario alle Infrastrutture – sono state la Autorità dei Trasporti e la TAV e sono state ideate, condotte e vinte da uno che non fa parte del Sistema delle nomine torinesi” (cioè lui). Dimentica i campionati di tennis, importanti sicuramente ma altrettanto sicuramente non strutturali.
In questa accusa al Sottosistema, sul banco degli imputati finiscono davvero tutti. I politici, da tempo esclusi da qualsiasi incarico nazionale anche minimamente importante; gli industriali che hanno appena varato una promozione targata Pd nel settore trasporti, tanto per chiarire da che parte stanno; i media di servizio che perdono lettori, e rilevanza, ma insistono ad intervistare sempre le stesse persone responsabili del disastro torinese o, tutt’al più, cognati, nipoti, cugini.
Per il rilancio della città, citofonare altrove. Peccato che non si sappia dove sia questo “altrove”. Il nuovo corso politico piemontese, a trazione leghista con sostegno di Fdi e Fi, non riesce a decollare. Le difficoltà nell’individuare un candidato sindaco credibile per Torino seguono la totale incapacità di andare ad incidere nei gangli decisionali. Prevale l’irrilevanza, la rinuncia a guidare il territorio. Dal Salone del Libro agli Istituti di ricerca, dalle sagre paesane all’economia alpina, dall’industria al commercio, all’informazione: si sceglie di non scegliere, di non esserci. Lasciando che siano gli avversari a fallire, ma senza neppure quel briciolo di lucidità per comprendere che gli avversari, grazie ad una disinformazione compiacente, spacciano per trionfi ogni loro sconfitta. E la città si inabissa.
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