Alle elezioni del 20 e 21 settembre per la Regione Valle D’Aosta, Manuel Cipollone sarà uno dei candidati di punta della Lega. Anche per il ruolo ricoperto alla guida dei giovani leghisti.
Quali sono i punti salienti del vostro programma ?
Sono convinto che, come Lega, abbiamo predisposto un programma davvero equilibrato. Questo tiene in considerazione le principali tematiche, nonché incognite, di breve, medio e lungo periodo che si profileranno nel futuro della Valle d’Aosta. Allo stesso tempo però l’approccio rimane pragmatico e realista. Non abbiamo scritto un libro dei sogni, ma punti fermi da cui provare a far ripartire la comunità.
Se si vogliono conoscere nello specifico i punti salienti del programma è possibile trovarli, in 10 pillole, oltre che sul sito, su tutti i manifesti elettorali della Valle, da Courmayeur a Pont-Saint-Martin. Una scelta probabilmente insolita, ma che abbiamo fatto per trasmettere un messaggio: per noi, prima dei personaggi, vengono gli obiettivi.
Personalmente mi sono occupato, di concerto con la squadra, della parte dedicata alle politiche a favore dei giovani e delle nuove famiglie. In particolare, nonostante gli strumenti limitati, sono convinto che fondamentali saranno le misure dedicate al ricambio generazionale, al sostegno della natalità e contrarie allo spopolamento della media e alta montagna. La denatalità e la fuga dei cervelli, con le loro cause e conseguenze, sono le madri balorde del declino che stiamo vivendo.
Con chi potreste allearvi dopo le elezioni?
Onestamente non è un tema che mi appassiona. Di sicuro avrei in mente dei casi con il quale non è, per ragioni diverse, opportuno farlo. Ma esiste molta condivisione da questo punto di vista in Lega.
Ciò non toglie che la politica, in senso ampio, dovrebbe iniziare a ragionare un po’ meno di alleanze o accordi potenziali e un po’ di più di obiettivi strategici per la comunità e come raggiungerli. Ed è esattamente l’ottica che abbiamo in Lega.
Ora noi abbiamo una priorità: far comprendere a più persone possibili, con tutta l’umiltà del caso, che per cambiare davvero il sistema che ha regnato incontrastato fino ad oggi è necessario dare fiducia alla Lega Vallée d’Aoste. Più forza politica avremo, più saremo in grado di traghettare fuori da questa Era di Mezzo la Valle e più sarà difficile per restauratori della Repubblica delle Fontine trovare una chiave per ostacolarci.
Perché in valle non funziona l’alleanza con FdI?
La Valle d’Aosta è una realtà sociale, storica e culturale del tutto eccezionale nel panorama nazionale. Questo è un elemento che non può non esser tenuto in considerazione, pena non capire il contesto politico valdostano. Vi sono alcuni punti inderogabili, come il “federalismo interno”, sui quali è possibile ci siano delle divergenze di sensibilità fra noi e loro. Ma io non sono abituato a usare toni perentori sulle visioni altrui. Mi limito a sostenere ciò in cui credo, ovvero ciò che la Lega ha da sempre espresso. Noi aspiriamo a riportare la politica quanto più vicino al popolo e al cittadino comune. Per farlo è importante rilanciare le autonomie regionali, specie quella valdostana, con lo stesso spirito con il quale è necessario difendere la sovranità nazionale dagli attacchi esterni di una macchina impolitica e tecnocratica come oggi è l’UE. È evidente poi che in un momento storico di incertezza come quello attuale, dove alcuni schemi sono sempre più fragili, un ruolo fondamentale, oltre ai partiti, lo avranno gli uomini. Spero in un ricambio politico e generazionale trasversale.
Come vedi il futuro della valle?
Pieno di incognite ma allo stesso tempo pieno di possibilità di rilancio. Le incognite sono molte, partendo dal rapporto che la Valle saprà instaurare con l’Europa. Taluni sostengono, talvolta a ragione, che la Valle sia stata nel tempo marginalizzata nel rapporto politico-amministrativo fra centro e periferia dello Stato italiano, entità statuale di 60 milioni di abitanti. Il rischio adesso è di aver aderito ad una Europa di 500 milioni di cittadini nella quale la Valle d’Aosta, a causa dei numeri di scala, sparirà completamente dai radar. Molti dei benefit che ha ottenuto la Valle sono stati eliminati dall’avvento dell’UE, anche a causa del diverso ruolo geopolitico che ora la “Petite Patrie” riveste. Questo non dobbiamo dimenticarlo, non per sostenere una uscita dall’UE “tout court”, ma per cambiare l’approccio ad essa anche a livello regionale. BASTA parlare di UE come dell’avvento messianico di un’entità semi divina, fatta di progresso e benessere, iniziamo a parlarne per ciò che è: un consesso sovranazionale dove ognuno degli attori in gioco vuole portare a casa più vantaggi possibili. O come regione diventeremo uno di questi attori capaci di far sentire la propria voce, nonché di reperire le risorse necessarie alla nostra economia, oppure per noi l’UE sarà un vero purgatorio. Come di fatto si sta rivelando.
Dal punto di vista locale invece la sfida sarà titanica. Vi sarà la battaglia di una nuova leva di amministratori che si sta affacciando, ed in taluni casi si è già affermata, sul panorama politico regionale e le generazioni precedenti.
Per la prima volta da decenni però, in questo salto generazionale, mi pare ci sia un elemento latente in più: una tacita intenzione di cambiare il regime precedente e non di imparentarsi in modo organico ad esso nella speranza, un giorno, di ereditarne placidamente il consenso. Naturalmente anche su questo aspetto vi sono notevoli eccezioni, conosco vari giovani impegnati in politica già assimilati alle peggiori deformazioni del feudalesimo valdostano.
Vi è da considerare dunque che i rapporti di forza stanno cambiando, credo lo faranno sempre più, ma non è certo che il nuovo abbia già la forza per eclissare del tutto il vecchio che si è sparso in alcuni comitati elettorali. Nonostante noi tutti ci impegniamo per questo. In Valle d’Aosta un certo nostalgismo per il cesarismo in tinte valdôtaine, nonostante abbia fallito dal punto di vista del bilancio delle politiche pubbliche, a fronte però dell’anarchia amministrativa vissuta negli ultimi anni, pare ancora annidarsi in sacche di consenso insospettabili. Sono convinto che di fronte a noi avremo ancora qualche anno di Regno di Mezzo, è possibile che assisteremo ad un’ultima fiammata dei vecchi dominus. Ma il mondo non si può fermare e va cambiando rapidamente. Le restaurazioni, come dicevo, storicamente esistono, ma rimangono sempre caricaturali rispetto ai fasti ed hanno vita breve. La Lega è rivoluzionaria, di una rivoluzione pragmatica, democratica e del buonsenso, ma pur sempre tale. Alla Lega Giovani poi starà crescere coloro che avranno la responsabilità di trasformare questo impeto in moto perpetuo e costante in grado di cambiare stabilmente la Valle.
Che tipo di turismo?
Parlare di turismo oggi, nella nostra regione, non è semplice. In verità credo che non dovremmo parlare di turismo come un qualcosa di a sé stante, ma di sistema Valle d’Aosta nel quale turismo, agricoltura e industria si interconnettono e si sostengono a vicenda. Di sicuro avremo bisogno di una regia coordinata, cosa che al momento è mancata.
In linea di principio, per quel che mi riguarda, il turismo dovrà essere eco sostenibile, guardare all’innovazione e alla capacità di offrire servizi anche in quota. Detto questo poi sono profondamente convinto che prima ancora di parlare su come innovare, accogliere e rilanciare la capacità attrattiva delle strutture turistiche valdostane, bisogna trovare delle soluzioni ai trasporti. Prima di soggiornare in una località, bisogna arrivarci.
La cultura?
La Valle d’Aosta ha un patrimonio culturale materiale e immateriale immenso. Ovunque guardiamo, in qualsiasi Era, preistorica, antica o medievale, abbiamo delle ricchezze incommensurabili. Un sito come quello dell’Area Megalitica, che riscrive intere pagine di Storia, in altre parti del mondo sarebbe immediatamente diventato un Atout culturale e turistico fenomenale. Qui è rimasto una cattedrale nel deserto, in un area abbastanza periferica di Aosta, che solamente dei pupazzi di dinosauri e per un periodo abbastanza limitato è riuscito a ravvivare. E così molti altri esempi. È comprensibile che una piccola comunità come la nostra abbia più difficoltà a far conoscere le proprie meraviglie. Ma di certo sarà necessario investire sulla capacità di esser mediaticamente presenti a livello nazionale e internazionale.