Risalgono i contagi e qualcuno comincia a ridisegnare le città del futuro. Non l’Utopia di cui si occupa, su queste colonne, Andrea Marcigliano. Ma la realtà più o meno immediata. Lo fa, ad esempio, Walmart, il colosso yankee della distribuzione organizzata. Insieme ad Oracle è entrato in Tik tok, il social cinese che accoglie filmati brevi non solo di ragazzini ma anche di politici come Salvini. Ovviamente Walmart non intende fare concorrenza al leader leghista quanto, piuttosto, ad Amazon. E puntando proprio su un mondo sempre più distanziato grazie ai virus.
Non “per colpa”, ma “grazie”. E non solo al Covid ma anche a quelli che seguiranno. Dunque più acquisti online e meno negozi tradizionali. In questo scenario, Tik Tok avrà una fondamentale funzione di promozione dei vari prodotti presenti nella catena Walmart. Una promozione basata sugli influencer spacciati per artisti che illustrano i vari articoli. Perché accontentarsi di una informazione affidata a giornalisti preparati, e possibilmente non al libro paga dei produttori, quando ci si può rivolgere ad influenzatori di sciampiste che possono essere retribuiti per parlare esclusivamente bene dei prodotti reclamizzati?
In Italia, invece, Edoardo Campanella (Università di Madrid) e Francesco Profumo (presidente della Compagnia di Sanpaolo e dell’Acri) tornano su un tema che Electomagazine ha più volte affrontato, quello degli effetti del lavoro agile su un’eventuale fuga dalle grandi città verso piccoli centri ora marginali. Spiegano, tra l’altro, che una professione di livello elevato determina la creazione di 5 posti di lavoro meno qualificati. Davvero possono fregarsene tutti i presidenti di Regioni che lamentano disoccupazione e crisi? Certo, dovrebbero degnarsi di non insultare chi arriva da fuori come se si trattasse di appestati pronti a contagiare la sana popolazione locale. Dovrebbero creare infrastrutture non solo digitali ma anche fisiche. Dovrebbero offrire, a pagamento s’intende, servizi adeguati. Dovrebbero convincere i residenti a non iniziare subito il ladrocinio con l’immediato aumento dei prezzi per festeggiare i nuovi arrivati.
In questo modo si attuerebbe, concretamente, quel federalismo che è alla base del successo anche economico della Germania. Mentre il centralismo parigino si è rivelato fallimentare.
E le grandi città? Dovranno reinventarsi. Dovranno metter fine alle idiozie politicamente corrette della tolleranza della violenza, dello spaccio, delle occupazioni abusive da parte di ospiti non invitati. Dovranno rinunciare alla cultura per pochi intimi che fanno parte del sistema di potere, agli agguati dei vigili per far cassa, alle regole assurde per impedire gli spostamenti. La vivibilità non si misura con le presenze nei locali di tendenza, con il numero degli ubriachi nelle strade della movida, con gli scippi. Con tariffe assurde dei servizi, con trasporti inadeguati. Con aziende che non sanno gestire i dipendenti, che non sanno valorizzarli. Con bar che fanno pagare a peso d’oro una banalissima insalata.
È un problema di scelte, in città, in montagna, al mare, in campagna. E nei palazzi della politica. Che si tratti del parlamento romano, di un consiglio regionale, di una giunta comunale. Serve più politica, ma che sia intelligente.