Nulla di fatto per il processo farsa a Salvini. L’accusa ribadisce che non ci sono reati, ma figuriamoci se la magistratura italiana prende atto e smette di far perdere tempo e denaro pubblico. Si prosegue e verranno ascoltati ministri ed ex ministri, a partire dal lìder minimo, buono per ogni stagione. Se, come ha correttamente sostenuto la procura, il reato non c’è, perché mai si devono ascoltare i potenziali complici di qualcosa che reato non è? Però Salvini gongola e, come gli capita ormai di frequente, sbaglia.
In questa storia ha ragione Giorgia Meloni che ritiene inaccettabile il comportamento di una magistratura che viola ogni separazione dei poteri e pretende di giudicare le scelte politiche di un ministro che applica le leggi. Mentre è assurda la soddisfazione di Salvini solo perché vengono coinvolti anche altri politici dell’attuale maggioranza. Il problema è che i magistrati non devono interferire nelle decisioni della politica. Una inaccettabile invasione di campo.
Come è inaccettabile il comportamento dei giornalisti di servizio che, nella diretta di Rai News, si sono esibiti in una serie di domande imbarazzanti a Giorgia Meloni. Imbarazzanti per chi ha fatto le domande, non per chi ha dovuto rispondere. Domande di una faziosità senza ritegno, connotare da una impreparazione e da una superficialità che spiega ampiamente la crisi del giornalismo italiano. Per i media di servizio il processo a Salvini è inutile poiché loro, i giornalisti, hanno già condannato il leader leghista. Colpevole a prescindere.
Dunque possono dedicarsi a sostenere la necessità che Meloni e Salvini litighino, che il centrodestra si frantumi. Confondendo la realtà con le loro speranze costruite nelle riunioni di redazione. In realtà non fanno domande, costruiscono narrazioni false e pretendono di ottenere conferme. E si innervosiscono se l’interlocutore non accetta la costruzione fasulla del giornalista di servizio.