La spallata, ai ballottaggi dei capoluoghi provinciali, l’ha data l’ammucchiata rossogialla (sempre più rossa e meno gialla) ad un centrodestra in cerca di identità. E se persino il Giornale berlusconiano, dopo un primo turno tutto sommato non negativo, aveva inviato il centrodestra a svegliarsi, forse è il caso di smetterla con slogan inutili. Forse è il caso di provare a ragionare, ad individuare un percorso che possa permettere di andare a governare un Paese allo sbando e senza prospettive di rilancio.
E magari, dopo aver ragionato, si potrebbe persino provare a realizzare ciò che si è deciso. Perché è inutile che, in Sicilia, in un convegno organizzato dalla Lega e aperto agli alleati si riesca finalmente a comprendere l’importanza fondamentale della cultura quando poi, in Piemonte, lo stesso centrodestra si rifiuti di sostenere i progetti culturali della propria area.
Ma è l’inevitabile conseguenza dell’inadeguatezza della classe dirigente, non solo quella “romana” ma anche quella che governa sul territorio. Incapace di far rete tra le Regioni, terrorizzata all’idea di far crescere o di valorizzare qualcuno più capace. Nessuna scuola quadri credibile, sempre per evitare ogni concorrenza interna. Meglio rinunciare a conquistare le grandi città piuttosto di rischiare di preparare una nuova classe dirigente.
E se a livello locale il problema è la piccineria mentale di troppi esponenti, a livello nazionale il problema è squisitamente politico. Manca la visione di un’Italia futura. Quale modello sociale, economico, culturale, di relazioni internazionali, di rapporti interni? La probabile sconfitta di Trump il mese prossimo obbligherà Lega e Fdi a rivedere le posizioni di asservimento nei confronti di Washington (non Forza Italia poiché, sino a quando è vivo Berlusconi, il servilismo dei Tajani di turno nei confronti degli Usa è ampiamente bilanciato dall’amicizia del sultano di Arcore con Putin). I due partiti saranno costretti a rivedere i rapporti con l’Europa e, almeno in questo, ha ragione Giorgetti.
È evidente che un Paese a sovranità limitata come l’Italia non può essere guidato da un governo isolazionista. Ma ciò non significa che le politiche interne debbano essere decise da Bruxelles o da Francoforte. Un’Italia con un governo forte e capace può dialogare e trattare con Parigi e Berlino senza timori reverenziali. Avvantaggiandosi di un’Europa più forte che, a sua volta, può confrontarsi proficuamente con Mosca, Pechino, Washington.
Peccato che un governo capace non possa basarsi su ministri come Gelmini o Brunetta, Fiori o Poli Bortone, Comino o Bussetti. Credibili non significa essere servi, non significa allinearsi ai voleri altrui, alla loro visione. Ma vuol dire essere competenti, conoscere la materia più e meglio degli altri. Nel primo governo Berlusconi c’erano ministri che confondevano la Francia con la Svizzera, come il peggior Giggino. Ed altri che annunciavano la realizzazione di un canale fluviale tra Torino e Genova. Se il centrodestra vuole tornare a governare deve liberarsi di questa zavorra. Ma deve farlo subito.