Da parecchi anni la crisi economico-finanziaria planetaria sta annunciando agli umani che il futuro prossimo della Terra potrebbe essere molto diverso dal presente, con risvolti ancora indefinibili.
La situazione generale del pianeta è in divenire verso una congestione, sia della popolazione sempre più concentrata nei centri urbani (all’incirca si tratta del 50% del totale), sia dell’accumulo di risorse naturali necessarie al sostentamento e alla sopravvivenza della popolazione. Conseguentemente, il Pil pro-capite tende a rimanere alto (da 40mila dollari annui in su) nel mondo occidentale e in alcune isole felici dell’Asia più industrializzata, come Singapore (che ha il record mondiale con oltre 100mila dollari PPC), Hong Kong, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele e Sud Corea.
Fra i paesi europei, l’Irlanda/EIRE è prima (seconda assoluta nel mondo) con oltre 80mila dollari GDP-pro capite – davanti alla Svizzera e ai Paesi Bassi, seguita dai paesi scandinavi e dal resto dell’area germanica, ponendosi persino davanti al Regno Unito e agli altri immensi stati membri del Commonwealth (Australia, Canada e Nuova Zelanda), quindi ai paesi mediterranei.
Mentre sotto quella soglia troviamo i paesi orientali (inclusa la Russia) i quali però sono quasi tutti sopra la soglia media planetaria di reddito pro capite annuo, che si pone a circa 18mila dollari. Al di sotto di quel valore si collocano il resto degli stati della Terra, ad eccezione di alcune grandi economie sviluppate extra-europee come Malesia, Turchia, Argentina, Messico, Thailandia, Cina e Brasile: fra i cd. “BRICS” non compare l’India, che ha un Pil-pc molto più basso, pari a circa la metà della media mondiale.
Ora, questi dati sono statistici e tengono conto della popolazione, che si concentra per oltre la metà nel triangolo del Sud-Est asiatico (Cina, India e Indocina-Indonesia), dopodiché vivono 1,3 miliardi di esseri umani in Africa, circa un 1 miliardo nelle Americhe e 450 milioni in Europa (area UE), cui seguono la Russia, il Medio Oriente e l’area Oceania, per un totale di 7,75 miliardi di persone sull’intero pianeta [dati Nazioni Unite a gennaio 2020].
La crescita media della popolazione terrestre è stata costante all’1,1% negli ultimi anni, con picchi nel cd. “terzo mondo” mentre è in decrescita in Europa e in Nord America (ma qui il saldo dei nati è compensato da quello delle immigrazioni), per un’età media mondiale di circa 31 anni, una soglia oltre la quale la distribuzione delle persone decresce drasticamente sotto i 600 milioni, fino a ridursi a circa 122 milioni per gli over75 e a toccare quasi lo zero oltre i 100 anni di età, per cui comunque sopravvivono circa 600mila ultracentenari sulla Terra.
Questo dato va confrontato con quello dell’età media in ogni paese: qui, troviamo al primo posto il Giappone (48,5 anni) subito seguito dall’Italia (47,3) e dagli altri paesi più sviluppati dell’Europa occidentale e dell’Estremo Oriente, includendo praticamente tutti gli stati sopra elencati collocati sopra la soglia dell’età media planetaria.
Si nota pertanto una evidente correlazione fra l’età media della popolazione e la ricchezza distribuita pro-capite: questo significa che la stragrande parte del reddito economico globale è concentrato nella fetta più sviluppata, industrializzata e occidentalizzata del pianeta.
Mentre la maggior parte della popolazione vive nel resto della Terra ed è prevalentemente giovane e assai più concentrata nelle grandi metropoli, che secondo una pubblicazione dell’UN [World Urbanization Prospects del 2003] vede ai dieci primi posti tre città cinesi (Chongqing, Shangai, Pechino), seguite dalla capitale della Nigeria (oltre 16milioni di abitanti), da Istanbul (l’antica Costantinopoli-Bisanzio), Karachi (capitale della provincia del Sindh in Pakistan), Bangkok (capitale della Thailandia), Tokyo, Canton e Mosca.
Sopra i 10milioni di abitanti troviamo a seguire Mumbai, San Paolo, Lahore (seconda città pakistana), Lima (capitale del Perù), Giacarta (capitale dell’Indonesia) e Kinshasa (capitale del Congo). Nella liste delle prime cinquanta città più popolose, seguono altre capitali di stati asiatici, africani e americani (Seul, Teheran, Città del Messico, Bangalore, Ho Chi Min, Bogotà, Hanoi, Hong Kong, Dacca, Rio de Janeiro, Caracas, Baghdad, etc.), cui si inframmezzano saltuariamente alcune metropoli europee, australiane e statunitensi come Londra (con quasi 9milioni), New York, San Pietroburgo, Sidney, Melbourne e Los Angeles.
In generale, si stima che la popolazione urbana mondiale sia circa il 55% del totale, determinando una densità abitativa assoluta di 60 persone per km2: significa che enormi aree della Terra sono totalmente disabitate o popolate da pochissime persone, disseminate fra villaggi sperduti e piccoli centri, spesso sguarniti dei servizi essenziali (acqua corrente e potabile, elettricità, ospedali, infrastrutture di mobilità, reti digitali, scuole) e distanti decine di chilometri da quelli attrezzati, oppure adusi alla vita seminomade.
Si aggiunga il dato interessante dell’alfabetizzazione media della popolazione sopra i 15anni, che vede toccare quasi il 100% in Europa, in Russia, nel Nord America e in Asia centrale (quindi nell’emisfero settentrionale del pianeta) e a decrescere in America Latina, nell’East Asia e in Oceania (tutte sopra la media del 90%, sia per i maschi che le femmine), per raggiungere la soglia minima del 46% fra i maschi dell’Africa centro-occidentale.
Inutile dire che nella parte più ricca della Terra viene consumata la stragrande parte dei beni prodotti, che in gran parte provengono dall’Asia o dalle Americhe, importati prevalentemente da Europa e Nord America.
Dove invece il sistema economico è abbastanza evoluto e terziarizzato, concentrato nelle grandi città o nei distretti industrializzati, conservando ancora una buona quota di attività agricola e artigianale, sempre più di qualità e quindi costosa. Che spesso però viene scambiata con le economie macroregionali asiatiche e del Medio Oriente (a vantaggio delle classi più ricche e benestanti), da cui invece provengono numerose risorse naturali essenziali per la produzione di beni industriali diffusi e maturi oppure tecnologicamente innovativi, dato che nella fetta di pianeta cd. “Occidente” si conserva ancora la maggior dote di conoscenza scientifica e tecnica, e ancorché di cultura umanistica, nonostante i recenti progressi di alcune università e centri di ricerca cinesi e russi.
Questa fetta del globo è anche quella più fortunata sul piano morfologico, disponendo di grandi porzioni di terreno fertile (sia per la dolce degradazione delle pendenze, sia per la presenza di un clima generalmente temperato) e difeso dalle intemperie e dal degrado fisico (desertificazione, glaciazioni, imboschimento selvatico, etc.): anche se negli ultimi anni il cd. “cambiamento climatico” sta trasformando il paesaggio nella fascia del Tropico del Cancro (interposta fra il Circolo Polare Artico e l’Equatore, dove appunto si concentrano la parte più ricca della popolazione e dei terreni più fertili), col rischio crescente che lo scioglimento dei ghiacciai perenni provochi inondazioni marine o fluviali che potrebbero, in teoria, mettere sott’acqua quasi la metà dell’Europa settentrionale e degli Stati Uniti occidentali, nonché l’intera Russia, e in generale l’innalzamento delle temperature dei mari e dell’aria determini l’inaridimento delle terre coltivabili e lo spopolamento della fauna selvatica, nonostante si giunga ad una maggior disponibilità di acqua potabile.
Si consideri, infine, che gran parte delle risorse naturali rinnovabili o di consumo/produzione si concentrano invece nell’emisfero meridionale, e quindi più povero ma popolato del pianeta, dove però la presenza di deserti, alte catene montuose o aree infertili determina scarsità di beni agricoli e bassa qualità di prodotti manifatturieri… per comprendere come siamo seduti su una polveriera che a breve potrebbe scoppiare.
Se le ripetute crisi finanziarie che stanno colpendo il mondo più ricco e benestante, sebbene più anziano e con più bassa crescita della popolazione (se non addirittura in decrescita), continueranno a indebolire le economie più sviluppate e ad impoverirne le classi medie/basse, che sono anch’esse la gran parte delle popolazioni dei paesi più benestanti, non ci sarà via d’uscita da un generale impoverimento economico dell’intero pianeta. Cui seguirà inevitabilmente una decrescita della popolazione dovuta sia alla fame che a guerre distruttive fra stati o persino fra popoli, magari per accaparrarsi le poche risorse naturali ancora disponibili e utili alla sopravvivenze del genere umano, come l’acqua, il sale o i semi di coltura.
Alcuni guru parlano della necessità di ridurre la popolazione mondiale, altri di ridistribuire la ricchezza e le risorse disponibili, altri ancora invece non temono la progressione dei fenomeni in atto e ritengono che il pianeta non subirà conseguenze gravi nei prossimi decenni. In ogni caso, la congestione dei centri urbani e della parte più ricca e anziana della Terra è un dato di fatto che a breve presenterà il suo conto.