Tra il 26 ed il 28 ottobre del 2018 la tempesta Vaia devastò Slovenia, Austria, Svizzera, Trentino, Veneto, Lombardia. Oltre 42 milioni di alberi abbattuti, più di 3 miliardi di euro di danni in 492 Comuni. “Il più grande disastro ambientale europeo degli ultimi 50 anni”, sottolinea Federico Stefani, giovane trentino che, con gli amici Paolo (veneto) e Giuseppe (siciliano), ha creato una startup che prende appunto il nome da Vaia. Trasformando un disastro in un segnale di ripresa e di speranza.
Un segnale che passa anche attraverso la realizzazione di “prodotti simbolo”. Il primo è stato il Vaia Cube, un cubo di legno ottenuto dagli alberi abbattuti dal vento e poi trasformato da artigiani che hanno creduto nel progetto. Un cubo di legno che è un supporto per lo smartphone, con la possibilità di ricarica, ma perfetto anche come sostegno per le videochiamate oltre ad essere un amplificatore naturale. “Tutti fatti a mano, ognuno diverso dall’altro e ciascuno con una spaccatura per ricordare gli alberi che sono stati spaccati dal vento”, precisa Federico.
Ma la startup ha un obiettivo sociale, di rilancio delle comunità colpite dalla devastazione ambientale. E per ogni Vaia Cube venduto, Federico e gli amici ripiantano un albero. Questa domenica, a Baselga di Piné (Trento), ne saranno ripiantumati 726 ma, in precedenza, si è già intervenuti in Val di Fiemme. E si proseguirà poiché le vendite del Cube si intensificano. Ai privati ma anche alle aziende che li utilizzano come gadget da regalare ai clienti o nelle conferenze stampa per sottolineare la propria attenzione all’ambiente.
Ma i progetti di Vaia sono a più ampio raggio. La startup vuole infatti intervenire per aiutare le varie comunità in difficoltà. Recuperando le materie prime per trasformarle in oggetti che rappresentino anche un legame con il territorio e con il problema da affrontare. Ma recuperando anche materiale già trasformato, a partire dalla plastica. Coinvolgendo, in ogni luogo, le comunità, gli imprenditori, gli artigiani ed i lavoratori locali.
Un’attenzione all’ambiente, all’economia circolare, senza scadere nell’estremismo ecologista, nel fondamentalismo ambientalista. Perché è vero che un bosco è in grado di ricostituirsi da solo. Ma impiega 100/200 anni. Mentre con una gestione corretta e leggera dell’ambiente, il bosco può tornare ad essere una fonte di benessere per la comunità circostante nell’arco di pochi anni.