Un dibattito nazionale sul Covid19 sempre più incentrato sugli anziani. In seguito alla ricerca dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) che ha provato a quantificare quante vite sarebbero salvate da un isolamento delle classi di età più avanzate. Un polverone sollevato dal tweet del governatore della Liguria, Giovanni Toti, che ha sottolineato come gli anziani non siano indispensabili allo sforzo produttivo del paese e dunque, piuttosto che un lockdown nazionale, bisognerebbe pensare a misure di chiusura limitate a questi ultimi.
Lo scenario di isolare solo le classi più fragili non è piaciuto molto. Appare umiliante il fatto che la clausura per i più anziani non è stata prospettata come forma di tutela nei loro confronti, quanto piuttosto al senso di inutilità degli anziani per la società odierna, questi ultimi non servono più al paese e dunque tanto vale non farli circolare.
Dopo tanti mesi abbiamo capito che il Covid-19 ha ripercussioni gravi soprattutto per gli anziani, è ormai una cosa oggettiva. L’età media dei decessi è di 80 anni secondo i dati di metà ottobre dell’Istituto superiore di sanità, mentre l’età media dei ricoveri in terapia intensiva è di 63 anni. Questo non esclude che moltissimi decessi, ricoveri, complicazioni riguardano anche la popolazione giovane. Totalmente sbagliata, secondo molti, la tesi di Toti sul valore economico degli anziani, e a noi non resta che ragionare in termini di welfare.
In realtà Toti sottovaluta di essere alla guida di una delle Regioni “più anziane d’Italia” (secondo l’Istat, nel 2018, ogni 100 giovani tra 0 e 14 anni in Liguria si trovavano 252 over 65enni, contro una media nazionale di 169). Un messaggio sbagliato in tempi di Coronavirus: sono in molti a pensare che si stia bloccando una nazione con i lockdown, facendo naufragare l’economia, solo per tutelare i più anziani, che sono anche i più fragili e dunque esposti al Covid-19.
Per dare un’idea gli over 65 rappresentano il 23% della popolazione italiana, pari a circa 14 milioni di persone (di cui oltre la metà donne), che verosimilmente saliranno a oltre 16 milioni nel 2030. Da un Osservatorio CENSIS emerge che le conseguenze economiche della pandemia hanno coinvolto meno gli anziani con il 90,7% di essi che nel lockdown ha continuato a percepire gli stessi redditi, contro il 44,5% dei millennial e il 45% degli adulti. È chiaro a tutti che la Silver Economy rappresenta ancora una risorsa per la società in fase di forte emergenza sanitaria.
Secondo i dati della Commissione Europea, che però estende la definizione di Silver agli over 50, nel 2015 questa parte di popolazione ha speso 3mila e 700 miliardi di euro in beni e servizi, contribuendo per 4mila e 200 miliardi di euro al PIL europeo e sostenendo 78 milioni di posti di lavoro in tutta l’Unione.
Numeri votati a un’inesorabile crescita, stimata in un 5% annuo (anche in questo caso si tratta di un dato superiore a quello di quasi tutte le grandi economie del mondo, con l’eccezione di Cina e India), principalmente per l’aumento della popolazione di riferimento.
Come rimarcato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, gli over 65 non rappresentano però solo una componente numerosa e importante della popolazione in termini socio-demografici, ma si caratterizzano anche per una condizione economica migliore e per una capacità di spesa superiore a quella delle altre fasce d’età. Nel dettaglio, i Silver dispongono di una ricchezza mobiliare e immobiliare media superiore del 26,5% rispetto al dato comprendente le altre fasce della popolazione e negli ultimi 25 anni hanno incrementato i propri consumi del 23,3%, a fronte di altre fasce costrette viceversa a ridurli.
L’impatto del Covid-19 porta a ridefinire la sfida che pone il processo di invecchiamento al modello sociale ed economico dell’Italia. È auspicabile un cambio di passo, che trasformi l’invecchiamento della popolazione da possibile criticità, a una risorsa di leva e sviluppo. Investire nei nuovi bisogni dei Silver, favorendo dove possibile anche sinergie tra pubblico e privato, che sappiano intercettare e sapersi adeguare alle peculiarità del segmento, trasformandole in un’offerta mirata che favorisca l’invecchiamento attivo e la massima partecipazione sociale di una fetta di popolazione destinata a diventare sempre più ampia