Dopo le sopravvalutate, e soprattutto sballate teorie di Fukuyama sulla fine della Storia, gli Stati Uniti ci riprovano con un dissidente russo naturalizzato americano, Peter Turchin. Il docente dell’Università del Connecticut è un esperto di matematica applicata alla storia e all’antropologia. E, sulla base dei suoi studi, prevede una sorta di nuova guerra civile. C’è chi ha suddiviso la Storia in periodi di 30 anni ma Turchin sostiene che ogni 50 anni i cicli terminano con esplosioni sociali.
Dopo gli scontri che hanno caratterizzato gli Anni 70, dunque, gli Stati Uniti si apprestano a fare i conti con nuove violenze. La sua analisi parte dalla Guerra di Secessione, che considera come la prima guerra civile statunitense. E pazienza se è iniziata in anticipo di un decennio sulla tabella di marcia.
Ma l’aspetto più interessante delle teorie del matematico prestato alla storia, teorie formulate già 10 anni orsono, riguardano i protagonisti degli scontri prossimi venturi. Non i più poveri, non gli emarginati, non la classe lavoratrice sfruttata dal capitalismo rapace yankee. Ma gli intellettuali, i laureati che si erano illusi di poter aspirare al benessere attraverso l’università ed un titolo di studio. E che, invece, si ritrovano comunque tagliati fuori dai luoghi di potere, costretti ad accettare lavori che poco o nulla hanno a che fare con i loro studi.
Spesso le famiglie hanno dovuto sostenere costi elevatissimi per far studiare i figli, magari si ritrovano con debiti consistenti da ripagare. Ma l’occupazione è frustrante e la retribuzione insufficiente.
Nulla di nuovo per chi vive in Italia e si è accorto da tempo che tutti i discorsi sulla carenza di laureati erano menzogne, truffe. E che, con il pezzo di carta ottenuto con fatica, ci si ritrovava demansionati, a fare fotocopie o a trasformarsi in eterni giovani impegnati in stage.
Ma qui prosperano le pecore, nessuno si ribella, tutti si rassegnano ed abbassano il capo.
Negli Usa, al contrario, la facilità con cui si possono avere armi micidiali accresce il rischio che la rabbia possa avere uno sbocco violento. Nessuna rivoluzione, ovviamente. Perché è vero che la fermata dell’ascensore sociale distrugge il sogno americano, ma gli illusi fanno parte soprattutto della componente dem e, dunque, avranno difficoltà ad individuare un nemico. Non possono prendersela con le minoranze etniche che assorbono quote colossali di risorse ma che proprio loro, in quanto dem, difendono a priori. Non possono prendersela con le istituzioni che proprio loro, i dem, andranno ad occupare.
E loro, i dem laureati e sfruttati in città, non possono neppure prendersela contro le popolazioni rurali che sono schierate con Trump ed i repubblicani. Certo, possono sfogare rabbia e frustrazione abbattendo qualche statua, ma quando avranno terminato i monumenti? Per scontrarsi serve un nemico, se no la ribellione non si trasforma in esplosione sociale o, addirittura, in guerra civile. Ma si sfoga in una strage sul posto di lavoro o in mezzo alla strada.