Agli Stati Generali del Movimento 5 Stelle va in onda la commedia in due atti. Il primo si svolge sul palcoscenico virtuale, dove i protagonisti si scambiano colpi di fioretto per non farsi male e creare le condizioni per arrivare ad una intesa. Il secondo atto, molto più divertente ed anche interessante, è quello degli elettori che sommergono i loro politici di critiche sacrosante e spesso anche spassose.
Di Battista, tanto atteso, decide di rinviare il duello finale. Pone delle condizioni, ma facilmente accettabili da parte dei “governativi”. Niente alleanze strutturali alle prossime elezioni politiche. Ma nessun veto per accordi di potere alle comunali. Dunque il Movimento potrà fare accordi di ogni tipo con il Pd. Una bella inversione a U in autostrada. Però Dibba incassa, come da sua richiesta, il No al terzo mandato per parlamentari e consiglieri regionali. Non è detto che il vincolo valga per sindaci come Raggi.
Se le parole avessero un peso, però, l’intervento di Dibba porterebbe allo smantellamento della squadra di governo. Di Battista insiste infatti sulla meritocrazia, e lo fanno anche i suoi sostenitori. Ciò dovrebbe significare la cacciata di Azzolina, di Bonafede, di Di Stefano e dello stesso Di Maio. Tutti personaggi che, con il rispetto della meritocrazia, dovrebbero essere sostituiti immediatamente. E lo stesso criterio, se applicato al territorio, porterebbe a sostituire assessori e consiglieri in molte città e Regioni. L’assessore al Traffico di Torino, per fare un esempio.
Ovviamente non se ne farà niente. Dibba incassa la disponibilità alla trasparenza sulle nomine, tanto i tempi per arrivarci saranno lunghissimi. Incassa il sostegno alla revoca delle concessioni ad Autostrade o alla cacciata dei Benetton. Tanto la partita la gioca De Micheli, del Pd, pronta a ricoprire d’oro i Benetton. L’ascesa di Padoan in Unicredit non sarà fermata, il Pd continuerà a pesare più dei 5 Stelle all’interno del governo degli Incapaci.
Difficile pensare ad un grande rilancio del Movimento dopo Stati Generali così deludenti. Difficile credere ancora ad una alternativa affidata ad una compagine di governo estremamente imbarazzante. Di Battista probabilmente ha evitato lo strappo per poter tornare a far politica all’interno del suo Movimento. Ma le differenze restano e la meritocrazia è un’altra cosa.