In attesa che Sua Santità Il Candidato Imprenditore (tutte maiuscole, ça va sans dire) del centrodestra si palesi ufficialmente e, magari, annunci persino un programma, anzi Il Programma, in quell’area per nulla coesa si muove qualcosa. Non i partiti ufficiali, che aspettano Il Verbo del Candidato Imprenditore, ma almeno le truppe di complemento. Sempre che non si stanchino prima di aspettare Godot e si spostino sul centrosinistra.
Dunque Mino Giachino, ex sottosegretario berlusconiano, scende in campo con il suo movimento “Sitav Sì lavoro per Torino”. Ossia la struttura che aveva promosso la grande manifestazione a favore della Tav, poi mediaticamente scippata dalle madamine che erano più corrette politicamente.
Giachino, inevitabilmente, punta sempre sul ruolo strategico delle infrastrutture e sulle gravi conseguenze dei ritardi nella realizzazione. Non solo la Tav, ma anche la seconda linea di metropolitana subalpina. Però non basta, non può bastare.
Il declino della classe dirigente torinese non si ferma con due binari in più. E se non si risolve, a monte, un problema che è sociale e culturale, tutte le opere rischiano di trasformarsi in inutili sprechi. Culturale non nel senso di qualche libro in più da far leggere ad una oligarchia sostanzialmente ignorante (comunque un libro non farebbe male), ma con una accezione più vasta. Cultura materiale ed immateriale, serve cultura per una collezione di moda, per un macchinario che anticipi i cambiamenti industriali, per far sviluppare un turismo che non sia solo mordi e fuggi.
Torino deve riprendere a volare alto, non deve vivere con gli occhi rivolti al marciapiede per evitare di sporcarsi le scarpe.