L’importante è fingere di avere fiducia. L’analisi di Banca d’Italia rileva che il Piemonte sta subendo conseguenze economiche più negative rispetto alla media italiana per effetto del Covid. Ma, in contemporanea, l’Unioncamere del Piemonte ostenta ottimismo a fronte di un calo degli ordini interni ed esteri. Ciò che dovrebbe preoccupare maggiormente, e che viene evidenziato da Bankitalia, è il crollo degli investimenti. Certo non una novità per gli imprenditori subalpini che vorrebbero essere competitivi ma a costo zero o a spese altrui.
E non è detto che sia solo una buona notizia l’intenzione di un terzo delle aziende che sono presenti all’estero di riportare in Italia parte dell’attività, se non tutta. Perché ci possono essere ricadute positive sull’occupazione, ma preoccupa in molti casi la motivazione alla base di questa scelta: l’incapacità di gestire le attività all’estero.
Ma sempre in contemporanea Mino Giachino ha ripubblicato uno studio della scorsa primavera sull’indice di competitività delle regioni europee. Un’immagine imbarazzante per tutta Italia. Il confronto non è solo pietoso ma disastroso con l’intera Germania, con la Danimarca, con i Paesi scandinavi, con l’Austria, con parte della Francia e persino con alcune regioni della Cechia, dell’Irlanda e della Polonia. Se poi il confronto si limita all’interno dell’Italia, il Piemonte è perdente rispetto alla Lombardia, all’Emilia, al Trentino ed al Lazio. Certo, ci si può consolare con la vicina Valle d’Aosta, alla pari con la Campania. Non è granché, come soddisfazione.
Diventa dunque difficile, molto difficile, credere all’ottimismo di Unioncamere. Anche perché la crisi sta colpendo tutti i comparti tradizionalmente trainanti e non se ne vedono emergere di nuovi.