Cerchi un bel maglione di lana per sopportare questo freddo? Per Conte non è bene essenziale e puoi pure congelarti col rischio vero di polmonite. Eppure trovare un vero maglione di pura lana con delle belle trecce, che non sia tinto con prodotti allergici è una vera impresa in Italia dove per proteggersi dal freddo gli stilisti sono anni che propongono sottili sottovesti.
A parte ciò continuiamo a bruciare la lana dei nostri allevamenti per comprare quella che viene dall’estero. Se è vero che la concorrenza asiatica ha cancellato, assieme alle politiche governative, l’impresa media italiana, è pur vero che in alcuni casi sono anni che le imprese italiane il loro tramonto se lo cercano.
Per esempio esistono diversi progetti interessanti volti al recupero del territorio, della tradizione, della gastronomia partendo proprio dalla lana, ma non interessano alle imprese che ormai non investono sulla qualità. Nessuna meraviglia che poi chiudano. In periodo di lockdown in cui agli italiani è vietato vendere e comprare anche ciò che è utile, ma dai cinesi puoi comprare anche l’inutile, appare evidente la discrepanza.
Si comprerebbe volentieri un antispiffero da un bel design (avendo il denaro) e buona qualità, ma perché spendere dal negozio se lo stesso è made in R.P.C. come quello del cinese. Perché pagare il ricarico sulla stessa qualità e sulla poca ricercatezza? Singolare il caso dei “souvenir” della stazione sciistica di Pejo che mostravano immagini di montagna, anche quelli di plastica e made in R.P.C. Meditate gente, diceva Ernesto Calindri.