Ripensare il turismo montano, rinunciare allo sci come traino principale per la stagione invernale. I disastri provocati dai decretini del governo degli Incapaci obbligano alla riflessione. E sarebbe anche una riflessione intelligente se a proporla non fossero i beneficiati dai partiti anti italiani. Perché è una squallida provocazione sostenere che le misure contro il Covid spingono ad un altro tipo di turismo, più sostenibile. Provocazione e menzogna: i decretini impediscono ogni forma di turismo, dal momento che vietano non solo lo sci ma anche gli spostamenti tra regioni.
Una misura compatibile con il turismo in regione molto popolate come Lombardia, Piemonte e Veneto. Perlomeno sino a quando il lìder minimo non tornerà a vietare gli spostamenti anche tra Comuni. Molto meno sostenibile per Sud Tirolo, Trentino, Valle d’Aosta che non possono certo far sopravvivere il turismo con i soli residenti. In compenso continuano ad incamerare l’Imu delle case che non possono essere raggiunte dai proprietari.
Ma al di là del servilismo di parte (e di partito), è sacrosanto provare ad immaginare un turismo differente, meno impattante sul territorio, sull’ambiente. Sacrosanto ma per nulla facile. Gli impianti di risalita richiedono investimenti sempre più ingenti, i prezzi degli ski pass lievitano, gli incassi pure. Però il denaro speso per sciare è sottratto ad altre attività. In un Paese sempre più indebitato, sempre più povero, le famiglie saranno costrette a delle scelte: se si scia non si va al ristorante la sera. E sulle piste ci si porta il panino da casa.
L’alternativa allo sci da discesa può essere rappresentato dallo sci alpinismo (per pochi) o dalle escursioni con le ciaspole. Costo zero, più denaro da spendere per cene, acquisti nei negozi del territorio. Già, ma acquistare cosa? A che prezzo? La paccottaglia Made in China che imita prodotti tipici? O artigianato vero ma a prezzi assurdi? Se cambia l’offerta turistica, devono cambiare anche molti atteggiamenti del commercio montano. Gli aperitivi, ben diversi dalle apericene, non possono costare come una intera bottiglia di champagne. Nei ristoranti la polenta, troppo spesso quella istantanea, non può avere il prezzo di un’aragosta. La sostenibilità passa anche attraverso una corretta politica dei prezzi.
Così come passa attraverso l’offerta culturale. La montagna italiana offre pochissimo pur avendo potenzialità enormi. La storia dei popoli delle Alpi e degli Appennini è ricca, interessante, estremamente varia. Ovviamente nelle località turistiche in alta quota mancano i grandi musei, che restano nel fondovalle. Ma ogni villaggio è un museo vivente, se lo si sa raccontare e lo si mantiene in condizioni adeguate, senza costruzioni assurde per accontentare aspiranti archistar.
Il problema è però politico: si ha voglia di investire sulla cultura, sulla formazione del personale in grado di presentare adeguatamente arte, storia, tradizioni? Chi preferisce copiare le iniziative delle città è consapevole che il turista ha già visitato mostre ed esposizioni a casa propria? È ovvio che se qualcuno si affida a Boccia per le strategie sul Covid, può anche sostenere le strategie turistiche di Franceschini. E allora tanto vale tener chiusi gli impianti, rinunciare al turismo sostenibile ed aspettare le mance del governo.