Vergogna! Giorgia Meloni e Fdi hanno versato 35mila euro ad un gruppo di rom per attaccare manifesti elettorali a Latina. Sparata così, da Repubblica (gruppo Elkann-De Benedetti), la notizia indubbiamente impressiona. Ma subito non è chiaro il motivo per cui indignarsi. Perché Meloni avrebbe fatto lavorare i rom, con tutti i disoccupati italiani che ci sono? Perché li avrebbe strapagati per un lavoro che vale meno (pessima gestione del denaro)? Perché li avrebbe pagati in nero?
Manco il tempo per cercare la ragione per arrabbiarsi con la sorella della Garbatella e già emergono le ragioni per provare disgusto per l’operazione di Repubblica. I manifesti da attaccare sono quelli delle elezioni del 2013. Non proprio ieri. Il pentito che ne ha parlato, lo ha fatto nel 2018. Con calma. E, in una seconda deposizione, nello stesso anno, ha precisato di non aver mai conosciuto Meloni. In ogni caso i magistrati non hanno rilevato nulla di interessante, a differenza del quotidiano degli Elkann.

Una bolla di sapone, allora? La classica macchina del fango per intimidire l’opposizione? Probabilmente sì, ma poi le responsabilità di Fdi diventano evidenti, man mano che si procede. Perché l’allora candidato di Latina, eletto per la rinuncia di Meloni e Rampelli che hanno optato per altri collegi, è stato poi coinvolto in altre faccende giudiziarie ed espulso dal partito. Ennesima dimostrazione della costante incapacità di scegliere i candidati. In quel caso uno dei soli 9 deputati eletti: mica poco. Un errore per il quale qualcuno dovrebbe pagare. Perché non basta che all’epoca la fedina penale fosse immacolata: scegliere un candidato dovrebbe richiedere un briciolo di attenzione in più.

E poi la gestione della comunicazione per replicare a Repubblica: imbarazzante. Oscillante tra il piagnisteo (ce l’hanno tutti con noi perché siamo all’opposizione, “Meloni come San Suu Kyi”) e l’ossequio al giornale definito “uno dei più autorevoli”. Non basta annunciare querele, bisognerebbe imparare a comunicare, creare una rete di contro informazione. Invece prevale la lamentela alla Calimero, piccolo e nero. Ma una formazione che si appresta a diventare il primo partito italiano dovrebbe avere la decenza di smettere con il vittimismo.