Avere la propria mamma che ha praticato la professione più antica del mondo forse non è indispensabile, in alcune redazioni giornalistiche. Però aiuta. Qualcuno forse si illudeva che la creazione giornalistica di falsi complotti e di faide interne si fosse fermata con la conclusione degli Anni di piombo. L’omicidio di due missini a Padova, ad opera delle Brigate Rosse? Una faida interna alla federazione missina. L’assassinio dei due fratelli Mattei bruciati vivi a Roma? Una faida interna alla sezione missina di Primavalle. E così via, sino a negare l’esistenza stessa delle Brigate Rosse.
Grande giornalismo, grandi giornalisti.
È trascorso mezzo secolo ma le stesse redazioni di allora, con l’aggiunta di qualche immondezzaio arrivato successivamente, hanno ricominciato con la medesima musica. L’attentato che ha assassinato la figlia del filosofo Dugin? Preparato da Putin, oppure dalle fazioni russe dei servizi segreti contrarie a Putin. Magari da Dugin stesso. O, nella più scomoda delle ipotesi, realizzato da sedicenti ucraini.
Zelensky, ovviamente, non c’entra nulla. L’ha detto lui stesso di essere innocente. Come non credere ad una personcina a modino come lui? E la Cia? Naturalmente estranea a qualsiasi episodio di violenza al di fuori del territorio statunitense.
Abbastanza squallido che gli eredi di quelle che furono le vittime di una simile schifezza di informazione siano ora i primi a rilanciare le ipotesi di faide e complotti interni. Possono andare tranquillamente a braccetto con Berizzi e Murgia. Anzi, potrebbero andare oltre. Dal momento che questo giornalismo immondezzaio non sa nulla di Dugin e delle sue posizioni, che sono tutto tranne che nazionaliste, i neo atlantisti per conquistare la simpatia dei fascistologi delle varie testate potrebbero sostenere che l’attentato è stato organizzato dai nazibolscevichi, con il sostegno di qualche gruppo dissidente italiano. Il tutto per sostituire il filosofo alla guida di non si sa ben cosa.