C’è chi ha il pirarucu e chi il pesce siluro. La sostenibilità ambientale, a volte, è anche una questione di fortuna. Nella foresta amazzonica si sono ritrovati con l’orribile e gigantesco pesce pirarucu, prima in via di estinzione ma ora presente in grandissima quantità. Per la fortuna dei pescatori locali, il mostro dei fiumi – con dimensioni ben oltre i due metri e 200 kg di peso – ha una carne che piace moltissimo non solo ai consumatori locali ma anche agli appassionati di piatti a base di pesce in tutto il mondo.

Nel Po, invece, il pesce siluro – anche in questo caso si superano i due metri per oltre 100 kg di peso – è stato introdotto negli ultimi 50 anni. Ed ha provocato solo danni. Eliminando buona parte degli storioni ancora esistenti. Peccato, però, che la carne del siluro non sia per nulla apprezzata dagli italiani. Così solo una minima parte del pescato viene indirizzata verso i mercati dell’Europa dell’Est dove il mostro di acqua dolce continua a piacere.
Però guai ad ipotizzare un intervento per eliminare l’intruso e ripopolare il Grande Fiume con specie autoctone. Gli ambientalisti potrebbero invocare il ddl Zan per discriminazione nei confronti di un pesce straniero. E pazienza se il siluro distrugge la fauna fluviale, compresi piccoli uccelli acquatici. Bisogna essere accoglienti ed inclusivi. Mettendo fine alla passione italiana per pesci nostrani come anguille e storioni, giustamente sacrificati in nome della cancel culture alimentare.
Se poi i consumatori italiani si ostinano a rifiutare di adeguarsi ai nuovi consumi in cucina, peggio per loro (e per le anguille divorate dal mostro).
È, appunto, una questione di fortuna. In Brasile il successo dei piatti a base di pirarucu permette di mantenere un equilibrio tra consumo e riproduzione. In Italia la scarsa attrattiva del siluro rovina ogni equilibrio. Ed i pochi pescatori dell’Est che si scorgono sulle rive del Po non bastano certo a ristabilire il corretto rapporto tra siluro e risorse. Senza nemmeno offrire un adeguato riscontro in termini di spesa per la presenza turistica.

Sono i magnifici risultati di una politica ambientale che ignora la realtà e che considera l’uomo come un fastidioso intruso in un mondo perfetto. E quando l’uomo sbaglia, introducendo il siluro in un habitat non adatto, gli ambientalisti si oppongono ad un riequilibrio che passi attraverso catture ed abbattimenti.
Non solo nel caso dei pesci. Basti pensare ai cinghiali che distruggono campi e che nei giorni scorsi, vicino a Torino, hanno assalito un ragazzino che andava in bicicletta sulla strada. Nella totale indifferenza di ambientalisti che considerano un bambino meno meritevole di tutela rispetto ad un cinghiale. Alle Galapagos, dove si tutela la biodiversità, sono stati eliminati tutti gli animali allogeni ed anche le piante introdotte nel corso del tempo. In Italia gli ambientalisti preferirebbero eliminare gli esseri umani.