Ma quanti erano, domenica, gli italiani a pranzo nei ristoranti? Secondo alcuni ex grandi quotidiani, e pure la tv di regime, circa 7 su 10. Che, in numeri assoluti, fa qualcosa come 40 milioni ed oltre. Se poi si aggiungono cuochi e camerieri per servire una simile massa, si arriva pressoché alla totalità degli abitanti della Penisola e delle Isole. Una evidente assurdità. Eppure non se ne sono accorti i giornalisti di quelle testate che si presentano ai lettori o ai telespettatori come modello di professionalità oltre che di indipendenza etc etc.

7 italiani su 10 al ristorante non dimostra una grande professionalità ma solo una totale superficialità. Nel migliore dei casi, ovviamente. Incapacità di comprendere le notizie che si stanno comunicando, nessuna voglia di verificare le fonti. Ma, in questo caso, neppure la fatica di leggere con attenzione il comunicato della Coldiretti che raccontava tutt’altro.
A meno che non si sia scelto consapevolmente di fornire una informazione sbagliata per proseguire nella campagna di terrorismo mediatico: 40 milioni al ristorante significa far nuovamente aumentare il numero dei contagi.
Oppure è semplice sciatteria. È l’abitudine a fornire dati e statistiche assolutamente poco credibili ma che servono ad impressionare. Épater les bourgeois. Come nel caso dei ragazzini bullizzati, con le statistiche ad hoc nella giornata contro il bullismo. Dunque, secondo i soliti media, le vittime sarebbero 6 studenti su 10. Ed a loro vanno aggiunti, ovviamente, i bulli che riescono a terrorizzare il 60% degli studenti. Considerando che a scuola vanno anche ragazzini “normali”, che pensano a studiare ed a divertirsi, a conquistare la promozione copiando o ad avere una relazione con la compagna di classe, significherebbe che i giovani che non infastidiscono i coetanei o non ne sono vittime rappresentano una rarissima eccezione.

Il che, per fortuna, è semplicemente falso. Ma si creano vittime anche laddove non esistono. Prendere in giro il compagno che, in una partita di calcio, ha sbagliato un rigore non è bullismo. Litigare per una storia d’amore finita male non è bullismo. Insultarsi per un compito non passato a chi non ha studiato non è bullismo. Invece si preferisce favorire la lamentela, la lagna, la delazione come metodo per non affrontare le proprie debolezze ed i propri errori.
A basket non si può giocare 5 contro 5 perché escludere chi non è capace diventa una discriminazione inaccettabile. Pretendere che i più scarsi si impegnino per migliorare è una violenza. Così anche chi corre i 100 metri in 5 minuti può sentirsi vittima, bullizzato da chi lo ha umiliato perché ha impiegato solo 12 secondi. Per poi fingere di stupirsi se la “povera vittima lamentosa” – incapace di accettare i propri insuccessi – quando cresce massacra di botte la compagna che, giustamente, lo lascia.