Difficile descrivere il mercato del lavoro barese, difficile per chi non è addentro ai meandri di una realtà socioeconomica molto complessa. La principale caratteristica, del tutto negativa, è la mancanza di trasparenza, intesa proprio nel senso di visibilità: le due componenti principali, la domanda del lavoro da parte delle aziende e l’offerta dei lavoratori, viaggiano su binari completamente paralleli. Questo rende impossibile il famoso incontro domanda/offerta, obbiettivo di tutte le politiche attive del lavoro, rendendole praticamente nulle. Da qui la necessità di descrivere separatamente queste due componenti.
Iniziamo dalla forza lavoro che si affaccia sul mercato per la prima volta, o prova a riaffacciarsi dopo aver perso un lavoro. La scolarizzazione a Bari è piuttosto elevata; spesso i giovani proseguono gli studi anche dopo il diploma, e questo sovente accade per rinviare l’impatto traumatico della ricerca di un lavoro che non c’è. Anche dopo la laurea si assiste ad una partecipazione a master o corsi di specializzazione. Tale livello di scolarizzazione, però, risulta inutile perché non indirizzato alle esigenze aziendali.
Se passiamo ad esaminare la domanda di lavoro barese bisogna innanzitutto descrivere la realtà del tessuto economico, che negli ultimi anni ha subito uno spaventoso calo verso il basso. Zero investimenti da parte degli imprenditori sempre più propensi a vivere di finanziamenti pubblici, e quindi vincolati alle regole che tali finanziamenti dettano. Il risultato è un tessuto produttivo pigro e sonnolento, con produzione indifferenziata e quindi con una competitività che non si basa sulla qualità, ma solo sul contenimento dei costi, a danno della stessa qualità. Un sistema produttivo con un profilo così basso rivolge la sua attenzione ad una forza lavoro poco o per niente qualificata. Dunque il paradosso barese è che lavoratori poco qualificati trovano lavoro, anche se precario o addirittura a nero, mentre lavoratori qualificati riempiono le liste dei disoccupati.
Prendiamo in esame le politiche attive del lavoro, che avrebbero il compito di riportare all’equilibrio un mercato del lavoro tanto squilibrato. Invece tali politiche, gestite da istituzioni incapaci e probabilmente corrotte, utilizzano fondi pubblici, per lo più europei, investendo in formazione finalizzata esclusivamente a mantenere il posto di lavoro a quelli che ci lavorano. Così abbiamo corsi di informatica avanzata a persone che non hanno neppure la licenza media, mentre, ad esempio, mancano del tutto i corsi relativi all’artigianato, disponibili solo a pagamento, che invece rappresenta una risorsa, perché potrebbe essere associato al settore turismo, in espansione da qualche anno sia a Bari città sia nella provincia. Gli incentivi a fare impresa, inoltre, sono rivolti per lo più al settore servizi, ma sempre di basso livello.
Bari vede i “cervelli” che vanno via ed un mercato del lavoro sempre meno qualificato, sempre più precario, sempre più “nero”. Una società, quella barese, dove i soldi circolano, ma lavoro, quello regolare, non c’è.
1 commento
Bari ed anche il resto d’Italia soffre perché abbiamo un stato incapace di comprendere, che continuando a bloccare l’iniziativa privata, gli industriali preferiscono aprire le fabbriche all’estero.
Per esempio in Svizzera si può creare una nuova società in poche ore, senza problemi burocratici e quindi si diventa operativi subito.
In Italia tutta la procedura è complicata e molto costosa.
In Italia costruire un capannone per un insediamento industriale occorre richiedere un’infinità di permessi e le pratiche burocratiche farraginose fanno passare almeno SEI mesi prima di potere iniziare gli scavi .
Se finalmente il governo Draghi fosse in grado di eliminare le pratiche burocratiche totalmente inutili, certamente alcuni industriali sarebbero disposti a rimanare in Italia e quindi l’occupazione si riprenderebbe.
Ma queste procedure, non verranno mai semplificate, perché sono la principale fonte di occupazione per tanti burocrati locali, che così possono ottenere tangenti, per sveltire le pratiche ferme da molti mesi.
Abbiamo un corruzione politico statale, che semplificando le procedure perderebde una fonte di reddito in nero !!!