“Ma lo sai che, in francese, la parola “astemio” non esiste? ”
Mi fa all’improvviso Augusto. E ride, soddisfatto, sotto i baffi.
Siamo sulla terrazza del Posta. A Montagnaga di Pinè. Per il Wks annuale de”Il Nodo di Gordio”. E, come usa, stiamo prendendo un aperitivo.
Lo guardo perplesso. Penso ad una delle sue solite battute. Però… Verifico. Con lo smartphone. E…ha ragione. Astemio, nella lingua di Francia, semplicemente non c’è. Nessun vocabolario la registra.
Per carità. Questo non significa certo che i, cosiddetti, cugini transalpini siano tutti, al 100% devoti alla Divina Bottiglia. E che, addirittura, non venga ammesso l’astemio. Anzi, venga privato del diritto di cittadinanza. Come insinua il Direttore.
Useranno, come è normale, un giro di parole. Tipo: non beve alcolici. Com’è normale in tutte le lingue quando, traducendo, si incappa in una parola che non trova esatti corrispondenti. E chi ha studiato latino lo sa bene. Perché, ad esempio, la lingua di Tacito era un vero inferno al Liceo. Una parola, talvolta, doveva venire tradotta con una lunga frase italiana. Insomma, cosa normale, a ben vedere, questa assenza.
Però, mi stupisce. Perché “astemio” (lat. abstemius) è un composto di “abs” che significa “stare lontano” e “temetum”, ovvero “bevanda inebriante”. L’astemio è, dunque, colui che si tiene lontano dalle bevande inebrianti. È parola latina, sintetica. Ti evita tanti arabeschi prolissi e noiosi.
“No grazie. Sono astemio” e il problema è risolto.
Il francese è lingua neolatina. Certo, con parecchi più apporti lessicali germanici dell’italiano. Che comunque neppure lui scherza. Però i termini che definiscono con precisione una qualche abitudine, virtù, vizio sono in genere sempre derivati dal latino. In genere quello medioevale, perché negli Scriptoria dei monaci il classificare, e definire era una autentica passione. Nonché una esigenza dello spirito aristotelico.
E “astemio”, appunto, definisce con estrema precisione. Tant’è che lo si ritrova anche in inglese. Lingua germanica. Ancorché con buona parte del lessico di derivazione latina…
Insomma, la battuta di Augusto mi ha messo in testa un tarlo. E quando inizia così…
E allora mi viene in mente che la lingua non è solo un, astratto, codice di comunicazione. Esprime l’animo di un popolo. E le sue particolarità lessicali rivelano la specificità di tale animo.
Così, il francese è, molto più di tante altre, una lingua sontuosa. Barocca, perché quella letteratura raggiunge il suo apice nel Grand Siècle. Che corrisponde all’apogeo politico ed economico di Parigi. Tra la seconda metà del ‘600 e il ‘ 700. Ed oscilla, quella lingua tra due poli. La rutilante abbondanza, di immagini e suoni, di Rabelais. E la secca prosa di Montaigne. Senza dimenticare lo stile icastico, di un Chamfort. Rinato, nel, ‘900, con Cioran. E, per altri versi, con Céline.
E poi è la lingua dei grandi predicatori morali. Maestri del Sermone barocco, come Bousset e Nicole. Amati dal nostro Manzoni, che ne trasse ispirazione per gli Inni Sacri.
Sì, va bene…ma che c’ entra questo con l’astemio? Con colui che non beve bevande inebrianti?
Forse, niente. È solo l’usuale criceto che mi gira nella ruota, quando mi fisso su qualche domanda oziosa.
Forse è solo una scusa per parlare, alla fine di vino. Per il quale in Francia vi è un vero culto. Quasi fosse un obbligo religioso berlo e, soprattutto, apprezzarlo…
O, forse, è l’atmosfera del Posta, del Pinetano… Che è magica. Inebriante. E qui davvero è difficile essere…astemi. Anche se non parliamo francese. Ma, per lo più, una lingua, l’italiano, che deriva da quella di Orazio. Che seppe cantare come, prima di lui, solo Alceo, il vino. E il suo simbolismo. Di cui, però qui non parlo. Perché questo è un articolo per astemi. E, soprattutto, non francesi…