À quoi ça sert l’amour? Si chiedeva Édith Piaf. A cosa serve lo Stato? Possono chiedersi tutti gli italiani. O quasi tutti, perché qualcuno che ne approfitta c’è sempre. Ma tutti gli altri hanno il sacrosanto diritto di interrogarsi sul ruolo di uno Stato che compare nella vita dei sudditi esclusivamente per derubarli. Si trova un avviso nella buca delle lettere? È lo Stato che vuole soldi. Ed ora, per non affaticarsi, i soldi li chiede anche online.
Ma bisogna pur far funzionare la complessa macchina pubblica. Peccato che non funzioni. La richiesta di denaro è assillante, ossessiva. Però se un suddito viene derubato, la macchina dello Stato si inceppa. La vittima viene invitata a presentare una denuncia ma solo per evitare che proprio la vittima sia successivamente oggetto di qualche altra ingiustizia statale. Però i funzionari dello Stato chiariscono subito che è inutile illudersi su un’eventuale scoperta del ladro e sul recupero della refurtiva. Perché, poverino, lo Stato non ha personale per tutelare i sudditi. Forse perché il personale è già impegnato a chiedere soldi alle persone che lavorano regolarmente.
Certo, c’è anche il sistema sanitario da mantenere. Mastodontico, burocratico, inefficiente. Ed i sudditi, dopo aver pagato per mantenere l’elefante, devono pagare anche i ticket vari per poi pagare ancora per rivolgersi alle strutture private se hanno qualche urgenza. Però il denaro tolto ai sudditi serve per pagare lo stipendio ai militari. Quelli che inseguivano i canoisti isolati ma non bloccavano migliaia di clandestini; quelli che fanno le guerre decise a Washington e definite “missioni di pace”.
Si paga per le infrastrutture? Uno schifo. Si paga per mantenere aziende decotte; per mantenere i renitenti alla vanga sdraiati sul divano; per mantenere associazioni culturali inutili che organizzano eventi senza pubblico; per mantenere enti inutili creati solo per garantire uno stipendio a nullafacenti a tempo pieno; per mantenere funzionari incapaci guidati da dirigenti pessimi; per mantenere una politica estera eterodiretta; per una politica interna altrettanto eterodiretta.
Per Piaf l’amore era triste e meraviglioso, lasciava un sapore di miele anche quando era finito. L’amore era eterno. Lo Stato non ha nulla di meraviglioso e lascia solo un sapore amaro. Sperando che non sia eterno.