Il capitano Antonio Corelli è il personaggio principale del romanzo di Louis de Bernières ambientato a Cefalonia durante la seconda guerra mondiale e da cui è stato tratto l’omonimo film, “Il mandolino del capitano Corelli”.
Pietro Vittorio Corelli era un ufficiale monregalese degli alpini, melomane, che ha combattuto a Cefalonia ed è sopravvissuto alla fucilazione per poi tornare in Italia dove ha iniziato la collezione di cappelli militari.

“Non ho la certezza che il libro sia ispirato proprio a mio padre – spiegava il figlio Gianluigi che ha proseguito la collezione paterna – ma indubbiamente le coincidenze sono numerose. Purtroppo il soldato che ha raccontato la storia a De Bernières è morto e non si sa se si riferisse proprio a mio padre”.
Anche in ricordo di Pietro Vittorio, comunque, Gianluigi Corelli ha continuato a raccogliere cappelli militari in giro per il mondo, laddove lo portava un lavoro di alto livello professionale. A seguito della sua recente scomparsa, la collezione continua ad arricchirsi con nuovi cimeli grazie al contributo del figlio Vittorio Maria e di Ivano Tomatis.
“Mio padre -spiegava Gianluigi – aveva collezionato una ventina di cappelli, quasi tutti del periodo bellico della seconda guerra mondiale. Io sono arrivato a 420, di 62 Paesi. Una parte acquistata direttamente in loco, soprattutto all’Est dopo la caduta del muro. E poi in giro per l’Europa, l’America, l’Asia”.
Una raccolta che, probabilmente, è l’unica di questo genere in Italia. E Gianluigi Corelli ha voluto che fosse conosciuta da tutti, visitabile liberamente dagli appassionati. E visto che il padre era originario di Mondovì, ha cercato una sede nella Granda.

L’ha trovata a Magliano Alpi, “grazie al sindaco che si è appassionato al progetto e ha messo a disposizione degli spazi che ho provveduto a sistemare”.
Il museo del cappello militare è stato inaugurato il 29 settembre 2019 ma, a distanza di soli due anni, è già in fase di ampliamento perché il numero di cappelli continua ad aumentare. Copricapi militari recuperati in qualche mercatino, donazioni da parte di chi ha trovato il cappello del padre o del nonno e lo offre al museo.
“Una sessantina di cappelli non eravamo riusciti ad esporli per mancanza di spazio, ma adesso il sindaco ci ha messo a disposizione una nuova sala che stiamo allestendo. Oltre ai cappelli, non solo quelli classici con visiera ma anche baschi e bustine, abbiamo anche alcuni elmetti ed una dozzina di divise che risalgono al periodo dell’Unità d’Italia ed agli anni immediatamente successivi”.
Ovviamente non poteva mancare il cappello alpino di Cefalonia, del padre Pietro Vittorio, e neppure la divisa da alpino del figlio Gianluigi.
Per contatti e informazioni ecco il sito internet: www.museodelcappellomilitare.it