C’era una volta il partito socialista. Anche a Torino. Ed è stata l’ultima volta che Torino ha espresso una classe dirigente, un’idea, un progetto nato al proprio interno. Poi è arrivata Tangentopoli a spazzare via tutto, l’interesse personale (per usare un eufemismo) ed i centri studi, le falangi di raccomandati e le intelligenze. Abolite le competenze poiché sono pericolose.
I media si sono inventati la Torino Olimpica, come se i Giochi Invernali fossero un’invenzione subalpina, come se la classe dirigente della città fosse stata in grado di offrire qualcosa di più e di diverso rispetto alla pura e semplice accoglienza. A seconda dei gusti c’è chi ricorda le mega feste di Casa Russia sul tetto di BasicNet, le bevute a Casa Canada o dagli statunitensi, i reali di Norvegia alla Azimut di Avigliana. Ma la progettualità, la creatività, le competenze su cui costruire il futuro sono tutt’altra cosa.
Indubbiamente la Torino socialista ha lasciato ampi spazi, eccessivi, alle legioni di clientes inutili che affollavano corso Palestro; ha promosso elementi non proprio frequentabili dalle persone per bene (altro eufemismo); ha sperperato denaro pubblico; non ha fatto nulla per migliorare l’oscena architettura cattocomunista che, in combutta con il più vergognoso affarismo di capitalisti taccagni, ha scempiato definitivamente le periferie torinesi.
Ma la città era viva, era vivo il confronto, l’arco costituzionale sempre dichiarato cedeva di fronte alla realtà di un “entrismo” che, sotto falso nome, offriva opportunità alla destra più estrema e più autentica.

Dopo Tangentopoli tutto è cambiato. I soldi pubblici sono stati sprecati non per la modesta linea unica del metrò (quelli sono investimenti, non sprechi) ma per i giochetti finanziari idioti sui derivati. Creando una voragine di debito. Si è lasciato spazio non al dibattito, cancellato poiché non previsto dal pensiero unico obbligatorio, ma alle follie costosissime delle sedicenti archistar. Si sono abbandonate le periferie al degrado, forse nella speranza di ripetere i giochi del Quadrilatero: degrado, crollo dei prezzi degli immobili, amici degli amici che li acquistano, espulsione delle orde di spacciatori e delinquenti vari, riqualificazione degli immobili da vendere a peso d’oro, movida.
Idee zero; la manovalanza socialista in arrivo dalle periferie è stata sostituita dalle madamine radical chic della collina e della Crocetta; i centri studi hanno lasciato il posto all’apericena; l’attenzione per la cultura e l’arte è stata messa da parte per dedicarsi alle boldrinate; l’economia cittadina è andata a fondo, con una manifattura patetica ed un turismo velleitario e pressapochista.
Non si può rilanciare Torino appoggiandosi alle rovine degli ultimi anni. Si può rilanciarla ripartendo dai sogni dell’epoca pre Tangentopoli. Tagliando con cura le unghie di qualcuno, ma recuperando le visioni e le speranze di una città diversa. Sicuramente più intelligente.