Tanto tuonò che, forse, piovve. La destra subalpina, quella di Fdi, pare finalmente essersi resa conto che non ha proprio un gran senso sostenere un candidato di coalizione che si è creato una squadra con punti di riferimento del centrosinistra. Così si comincia a riflettere su un candidato sindaco alternativo, uno che non abbia moti di disgusto quando sente la parola “destra”.

D’altronde i sondaggi indicano che Fdi ha ormai un consenso consistente. Certo insufficiente per vincere, ma un eventuale successo di Damilano e della sua corte del Sottosistema Torino non sarebbe comunque una vittoria della destra.
Ovviamente un atto di coraggio non risolve la situazione. Perché, al momento, manca un candidato almeno credibile. Per non parlare della squadra. Però mancano mesi al voto e, dunque, c’è tempo per provvedere. E magari anche per convincere gli alleati, o parte di loro, ad abbandonare il candidato di centrosinistra mascherato per convergere su un nome nuovo.

O, nel peggiore dei casi, per imporre a Damilano una brusca inversione di rotta, scaricando i suoi consiglieri che mai potrebbero attrarre consensi da quella destra a cui chiedono il voto. È evidente che, in questa fase, la possibile scelta della destra di andare da sola riempirebbe di gioia Stefano Lo Russo, candidato in pectore del centrosinistra. Perché, con il fronte opposto diviso, il Pd non avrebbe più bisogno del sostegno dei 5 Stelle, mettendo fine alle diffidenze dei Moderati, di Azione e di Italia Viva.
Costringendo, forse, Damilano alla resa. Perché il candidato della Lega che non piace ai leghisti, potrebbe eventualmente contare solo su una parte di Forza Italia e su una ridotta porzione dei salotti bene della Crocetta e della Collina. Un po’ di radical chic con la puzza sotto al naso e con la voglia di trasgredire votando uno dei loro ma voluto da Salvini. Libidine pura, certo, ma sconfitta sicura.