L’importante è sapersi accontentare. Soprattutto quando hai a disposizione i media di servizio pronti a trasformare in trionfo anche il peggior insuccesso. E 60 progetti in concorso per il festival torinese delle migrazioni non rappresentano, in assoluto, un grande risultato. Ma come tale verrà presentato. D’altronde bisogna pur apprezzare l’impegno di chi vive solo per i migranti e se ne frega degli italiani in difficoltà. E poi il festival delle migrazioni è la degna conclusione di quella iniziativa di non straordinario successo che è la biennale della democrazia: un perfetto esempio di indottrinamento a senso unico. Senso unico per nulla alternato. Come la loro democrazia.

Per lo meno bisogna apprezzare la coerenza delle iniziative culturali propinate dai pentapoltronati, in perfetta continuazione delle precedenti proposte piddine. Nulla per recuperare le radici di Torino e dei suoi abitanti, ma denaro pubblico a disposizione per promuovere culture diverse, in arrivo da ogni dove. Dimenticando, volutamente, che la cultura è confronto, non cedimento totale a qualsiasi cosa purché sia estranea, diversa.
Il dialogo diventa difficile se non si ha nulla da presentare, da raccontare, da cui partire per staconfrontarsi. La lingua locale è stata bandita, e qualunque deficiente è in grado di spiegare il legame tra lingua e cultura. A Torino la lingua ufficiale pare essere diventata l’inglese. Per non sentirsi provinciali. E per dimostrare di esserlo davvero. Alla perenne ricerca dell’accettazione da parte degli altri, tanto per evidenziare un complesso di inferiorità.
Cancellata la musica popolare locale, ignorata l’arte del territorio, dimenticata la letteratura. Perché il pensiero unico obbligatorio prevede che l’unica musica sia quella africana (i latinos non piacciono al governo cittadino), l’unica letteratura sia quella lgbtqia+ meglio se esotica, l’unica arte sia quella incomprensibile e che piace esclusivamente ai soliti amici degli amici.
Ma con la Tav potremo finalmente esportare tutta questa grande cultura. A Lione non stanno nella pelle all’idea che, tra 20 anni o giù di lì, potranno prendere il treno per arrivare a Torino ad assistere al festival delle migrazioni o ad uno dei momenti di indottrinamento di biennale democrazia. E poi hanno la certezza che anche tra 20/30/50 anni gli ospiti saranno sempre gli stessi. Ultracentenari ma sempre gli stessi. Con l’applauso ed i contributi del governo regionale di centrodestra che mai si sognerebbe di sostenere qualche iniziativa alternativa. Bisogna sapersi accontentare. Ma, come cantava Sergio Endrigo, “chi si accontenta muore, e non lo sa”.
1 commento
SEMPRE PEGGIO, SIAMO GOVERNATI DA IGNORANTI E CORROTTI CHE NON TUTELANO GLI ITALIANI.
Basta finanziare attività culturali troppo di parte e sprecare ingenti risorse solo per gli immigrati clandestini che distruggono la nazione e favoriscono le attività illegali e lo spaccio della droga.
Chi voterà ancora certi partiti si renderà complice del degrado Italiano