La libertà, la democrazia non contano nulla di fronte al diritto alla salute da carcerati ai domiciliari. Dunque era inevitabile rinviare le elezioni comunali di primavera. Ma forse, cambiando la posizione rispetto all’equatore, cambiano anche diritti e priorità. Così, nella Torino che non è potuta andare al voto per mandare a casa Appendino e Lapietra, si sono viste lunghe code per il voto. Ma per il voto dei peruviani.

Come direbbe Sora Lella, “ma non ce staranno a pià per…?”. Sì, ci prendono per i fondelli. Perché gli eventuali assembramenti dei torinesi in coda rappresentano un potenziale focolaio pericolosissimo. Le code, lunghissime, di cittadini peruviani che si sono messi in coda a Torino per le elezioni nel loro Paese invece non rappresentano il benché minimo pericolo. Deve essere stata l’ennesima genialata degli esperti a gettone. O del grande ministro della Sanità.
Oppure, molto più semplicemente, deve essere stato il senso civico dei sudamericani che considerano la partecipazione più importante della rassegnazione agli arresti domiciliari. Dunque un plauso ai peruviani, ovviamente. Che hanno dimostrato dignità e coinvolgimento, che non si sono nascosti dietro il comodo paravento dei rischi da pandemia. Hanno scelto di votare mentre gli italiani hanno deciso di rinviare le elezioni. Tanto, in Italia, la democrazia è un optional e dunque il voto può essere spostato come un gioco da tavolo.