Il Giornale, ossia il quotidiano della famiglia Berlusconi, cerca un nuovo leader per il centrodestra. Astenersi perditempo. Dunque anche il cerchio magico del sultano di Arcore ha incredibilmente capito che Silvio non potrà più guidare la coalizione. Praticamente un miracolo, meglio tardi che mai. Però l’articolo è subdolo. Sostiene, infatti, che per guidare il centrodestra non basta prendere più voti degli altri: troppo facile. Soprattutto perché a contendersi la leadership, in tal caso, sarebbero Meloni e Salvini, senza alcuna chance per Forza Italia.
Non è che al Giornale, in questo caso, abbiano tutti i torti. Una cosa è raccattare consensi promettendo di tutto e di più (sul genere Berlusconi e “meno tasse per tutti” o “un milione di nuovi posti di lavoro”), altra cosa è governare un Paese trattando con Washington, Bruxelles, Mosca, Pechino. Tutto giusto, tutto vero. Peccato che il panorama delle grandi figure di prestigio sia desolato, nel centrodestra. “Trattare” con Washington non significa scodinzolare felici perché un’associazione di italoamericani ha organizzato una cena dove partecipa anche un politico statunitense di serie B. “Trattare” con Mosca non vuol dire promettere accordi disattesi 5 minuti dopo perché si viene richiamati all’ordine atlantista. “Trattare” con Pechino è qualcosa di molto diverso da utilizzare un sottosegretario come foglia di fico per intese bocciate dal medesimo partito che aveva scelto il sottosegretario. E “trattare” con Bruxelles non assomiglia nemmeno un po’ all’atteggiamento servile di Tajani, tanto per non far nomi.
Ed allora bisognerebbe capire cosa significa, per il quotidiano berlusconiano, individuare un nuovo leader. Per fare cosa? Per spartirsi ministeri? Per scegliere i candidati delle sinistre a cui affidare tutti i centri nevralgici del potere reale perché all’interno della coalizione mancano le competenze? Per fare passerella in tv?
In teoria alle prossime elezioni politiche, che prima o poi verranno concesse, il centrodestra vincerà e sarà obbligato a governare. Dovrà indicare la rotta per un rilancio vero dell’economia che non può passare dall’ubbidienza ai diktat di una Confindustria che è la principale responsabile della crisi della manifattura italiana; dovrà sviluppare il turismo che non può passare dall’accondiscendenza nei confronti di chi non investe ma alza i prezzi e si lamenta della concorrenza internazionale a prezzi bassi; dovrà difendere l’agricoltura dagli appetiti delle multinazionali atlantiste che vogliono schiacciare la qualità e la tipicità; dovrà rilanciare la cultura che non è più trainante da quando prevale il politicamente corretto; dovrà garantire manager di alto livello nei grandi gruppi come Eni, Enel, Leonardo.
È vero, la sinistra italiana più o meno pentapoltronata non ha fatto nulla di tutto ciò. Ma è proprio per questo che, al momento, i sondaggi la considerano perdente. Cambiare per migliorare, non per ripetere i medesimi errori o per peggiorare ulteriormente. Non si ride di Toninelli per sostituirlo con una copia di centrodestra. Non ci si indigna con Franceschini per ritrovarsi con un ministro della Cultura che non abbia letto un libro.
E non si può aspettare il 2023 per individuare una squadra di persone competenti a cui affidare il governo del Paese.