L’Avvenire, il quotidiano del clero italiano, ospita un articolo di Gianni Gennari in cui, per difendere gli idioti che abbattono le statue, viene ricordato che a Mosè era stato ordinato (e Gennari era lì che ascoltava) di rifiutare le immagini. Una indicazione che, assicura Gennari, era stata poi ignorata per ragioni storiche dai nostri 10 comandamenti.
Ovviamente nessuno si permette di intromettersi in dispute religiose (fatti loro), ma sono interessanti le conseguenze della posizione di Gennari e del giornale della Cei.
Perché se la chiesa di Roma decide che le immagini favoriscono l’idolatria, come afferma Gennari, il problema non sono le statue di Colombo, ma tutte le immense opere d’arte religiose. Nessuno idolatra il navigatore genovese, neppure Carlo Forti e Stefano Zecchi che, evidentemente, non piacciono al giornale dei vescovi. E non ci sono rischi di idolatria per le statue dei generali sudisti che difesero la propria terra, probabilmente neppure per Ghandi, ora accusato di razzismo.
I rischi, eventualmente, riguardano le immagini religiose. Dunque, per Avvenire, è il caso di passare una mano di vernice bianca (o rossa, forse è più intonata con il nuovo corso vaticano) sulla cappella Sistina; è il caso di distruggere a martellate proprio il Mosé; di bruciare le innumerevoli tele rinascimentali dedicate a Gesù, la Madonna, i vari Santi. Basta con le Pietà e le Deposizioni, con i crocefissi nelle chiese.
Eliminiamo il bello, chiediamo all’Isis qualche opportuno consiglio sul modo migliore per distruggere i musei vaticani. Anzi, si può fare di più e di meglio: spianiamo il Vaticano, perché anche l’architettura è “immagine”. Oppure vendiamolo a chi sappia valorizzarlo, magari trasformandolo in un quartiere vip di Roma, in una immensa area giochi, in un Casino per turisti americani. O in una più consona speculazione edilizia in perfetto stile romano palazzinaro.
Monsu Bergoglio ed i suoi seguaci possono andare a pregare nei boschi, come i druidi. Purché riescano a trovare un briciolo della sacralità che i drudi avevano e che non hanno gli iconoclasti di Avvenire.
1 commento
e negli sterpi eretici percosse l’impeto suo, più fortemente quivi, ove le resistenze eran più grosse. Se ne sente il bisogno, di un san Domenico