Ho grande simpatia per Piero Sansonetti, che considero uno dei giornalisti italiani più indipendenti nel giudizio rispetto ai dogmatismi che condizionano molta stampa italiana, anche se in questo periodo si è un po’ inflazionato con le continue comparsate televisive, come molti altri suoi colleghi. Qualche tempo fa, in relazione alle vicende della casa reale britannica (prima che la morte di Filippo di Edimburgo catalizzasse di nuovo tanto consenso intorno ai Windsor), disse con molta franchezza: ma è possibile che parliamo ancora di monarchia? La stessa insofferenza mi coglie quando considero quanto ancora si parli di aborto.
L’interruzione di gravidanza, come preferiscono dire i politicamente corretti amanti degli eufemismi, è infatti oggetto di un dibattito intenso e rovente, che soltanto la distrazione di massa ci impedisce di cogliere, quanto avvilente. L’aborto come sistema di controllo delle nascite, infatti, dovrebbe essere relegato a un triste passato di miseria e ignoranza, privo di una diffusa consapevolezza della possibilità di evitare le gravidanze indesiderate con uno dei moltissimi sistemi a nostra disposizione. E invece l’evoluzione scientifica e tecnologica sembrano essere state mirate soltanto a inventare nuovi metodi sempre più barbari nella loro sostanza ma soft nella loro apparenza: pillola del giorno dopo, pillola abortiva, ru486 sono gli esempi più noti di questa davvero triste tendenza. Dall’altro lato, cioè quello della valutazione logica, filosofica e morale dell’aborto, non si capisce invece come non si sia riusciti a raggiungere un ragionevole – se non razionale – punto di accordo intorno alla posizione assunta ormai diversi decenni fa da Giuliano Amato.
Amato, come probabilmente ricordano ancora coloro che hanno una certa età, fece coming out, con scandalo dei benpensanti di tutte le parrocchie, esponendosi in difesa della vita ma non per motivazioni religiose. L’aborto, disse, va rifiutato perché non c’è alcun dubbio che sia l’uccisione di una persona vivente. Le nostre cognizioni scientifiche ci dicono con assoluta, inconfutabile, adamantina chiarezza che il feto è sin dai primissimi tempi dopo il concepimento un essere umano di una completezza impressionante. Tranne il parto, durante la gravidanza non c’è alcuna soluzione di continuità che permetta di stabilire il passaggio da grumo cellulare del quale ci possiamo disfare senza rimorso a bambino in fieri, che non possiamo più permetterci di danneggiare ma anzi dobbiamo tutelare con tutte le nostre possibilità. Oltre a questa assurdità c’è poi quella che l’aborto, compiuto in qualunque modo si possa farlo, è un atto di una violenza psicologica e fisica inumana nei confronti della donna che lo subisce.
Pertanto, tornando al laicismo di Amato, una posizione di compromesso, laica ed etica, sarebbe quella di ammettere l’aborto solo in rarissimi casi quale quello della violenza carnale. Non facciamo invece riferimento alle malformazioni poiché qui entriamo in un’altra aberrazione dei nostri tempi, l’avere cioè adattato il progresso scientifico non alla cura e assistenza delle persone più fragili ma alla loro eliminazione, una vera e propria eutanasia.
Per queste ragioni non si può non sostenere la X edizione della Marcia per la Vita che si terrà a Roma il 22 maggio, il più grande appuntamento pro-life italiano ed europeo. L’appuntamento è alle 11 a Via dei Fori Imperiali, all’altezza del Carcere Mamertino. La Marcia, che lo scorso anno non si è potuta tenere a causa della pandemia, si svolgerà rispettando tutte le norme anti-covid in forma statica. Una circolare del Viminale autorizza, previa autodichiarazione, a spostarsi anche dalle zone a rischio per partecipare a qualsiasi manifestazione a carattere nazionale. Per informazioni: Info@marciaperlavita.it – www.marciaperlavita.it.