Vive la France, dunque. “Il patto del Quirinale riporta l’Italia al centro della politica europea”. Almeno è quello che sostengono i media di servizio italiani. La realtà, come sempre, è un po’ diversa. D’altronde il giornalismo italiano è ormai occupato esclusivamente ad adulterare la realtà quando non è allineata. Cioè quasi sempre.
Perché, nel mondo reale, è la Francia di Macron ad essere al centro. Approfittando sia dell’uscita di scena di Angela Merkel sia dei tempi lunghi per formare il nuovo governo tedesco con la partecipazione di socialdemocratici, verdi e liberali. E, sul fronte italiano, della totale mancanza di politica estera che vada al di là dei “signorsì” ad ogni ordine di Washington.
D’altronde fa ridere solo l’idea del ministro degli Esteri, Giggino Di Maio, impegnato in vertici internazionali per affrontare temi di grande rilevanza. Ed allora il grande patto strategico rischia di trasformarsi, di fatto, in un banale elemento di propaganda elettorale per le elezioni presidenziali del prossimo anno. Perché appena sarà varato il nuovo governo a Berlino, Macron riprenderà il rapporto privilegiato con la Germania. E l’Italia tornerà a prendere ordini in Europa e da Washington.
Eppure le opportunità di collaborazione vera e proficua ci sarebbero. A patto di una onestà d’intenti che, sino ad ora, è quasi sempre mancata. Ma per collaborare alla pari occorre non solo la volontà di farlo, ma anche la capacità. Nella vicenda Stellantis solo i media di servizio italiani hanno finto che si trattasse di un accordo alla pari e non di una vendita da parte di Fca. Ma i francesi si sono già accaparrati aziende italiane dell’aerospazio, dell’energia, della moda, dell’alimentare, delle telecomunicazioni. Ponendo, invece, vari ostacoli nelle rare occasioni in cui erano le imprese italiane a cercare di acquisire gruppi transalpini.
Ovviamente se gli imprenditori italiani non riescono ad essere competitivi, non è colpa dei francesi. Se la Francia, con molti meno siti archeologici e storici, riesce ad avere più turisti dell’Italia non è colpa di Parigi che ha investito molto di più sulla comunicazione e sulla promozione mentre l’Italia ha ministri come Cingolani che irridono la cultura umanistica. Ministri che sognano per l’Italia un futuro da Bangladesh, con lavoratori sottopagati ed impegnati esclusivamente in mansioni tecniche di basso livello. Un’Italia che non piacerebbe neppure alla Francia.