“Vi sono due tipi di acque. Quelle che ci dissetano, quelle illusorie che ci lasciano assetati”
Rubo la citazione a F. G. antico mentore. Non se ne avrà a male. Anche perché è di Nagarjuna. E Nagarjuna sta al pensiero buddhista come Aristotele sta a quello greco e occidentale. Un gigante. Di cui ben pochi, però, tra gli occidentali, conoscono anche solo il nome..
Ma non è questo il tema.
Il tema è…l’acqua. Meglio ancora, le acque al plurale. Un simbolo di straordinaria potenza. E realtà. Esente da ogni astratto intellettualismo.

Perché la sete è reale. E in questi giorni di afa e temperature eccezionali, ci è dato sperimentarlo di continuo. Purtroppo.
E la sete chiede di essere placata. E, per dissetarsi non vi è che l’acqua. Un sillogismo, diciamo così, estremamente semplice. Elementare.
Oh, certo… Si possono bere bevande di ogni tipo. Alcoliche e non. Ma nessuna toglie davvero la sete. E per quel poco che possono, è solo dovuto all’acqua che è comunque, alla base di ogni bevanda.
Perché l’acqua non è una bevanda tra le tante. È il fondamento di tutto ciò che è liquido. È uno dei quattro elementi su cui si fonda ogni cosa. Così, almeno, nella tradizione ermetica. Che continua a convincermi più della moderna Scienza. Che ci volete fare? Sono un vecchio terrapiattista cocciuto…
Vi è un libro che mi torna in mente spesso. Uno strano libro. “Le acque di Siloe” di Thomas Merton.
Lo scoprii per caso, anni fa. A Gallio, sull’altopiano di Asiago. Una bancarella di libri. Ma il bancarellaio era Pontremolese, che trascorrereva lì l’estate. E aveva libri strani. Spesso rari. Frugando, vi trovai l’opera di Merton. Che fino a quel momento avevo solo sentito nominare, ma mai letto.

In verità, lo scrittore che era diventato monaco trappista dopo una giovinezza caotica e dissoluta, di libri ne ha scritti molti. E su diversi temi. Per molti dei quali – il pacifismo, l’ecumenismo, i diritti civili… – nutro scarso interesse. Era americano, in fondo. E un americano molto, forse anche troppo moderno.
Ma questo libro è diverso. Descrive la giornata di un monaco. La sua vita di silenzio, preghiera, ascesi. E la storia moderna di quegli ordini, cistercensi, trappisti…che a tale vita si sono consacrati.
Vi si respira una atmosfera rarefatta, ed estremamente intensa. Un misticismo autentico, non meramente sentimentale. Un anelito a Dio, allo Spirito possente. E tormentato. Mi colpì molto. E mi è rimasto impresso.
Ma che c’entra con le acque? Si potrebbe chiedere un ipotetico lettore, o, meglio ancora, una ipotetica lettrice.
C’entra, perché il titolo dà un senso a tutta l’opera.
È tratto da un versetto di Isaia :
Poiché questo popolo ha disprezzato le acque del Siloe che scorrono piano…
Il Siloe è una fonte presso Gerusalemme. Che dà vita ad una sorta di piscina. Ove, appunto, le acque scorrono calme. Qui Christo rese, secondo Giovanni, la vista ad un cieco.
La metafora è immediata. Chi disprezza le acque, pure e calme, della fonte, finisce nei torbidi di una cloaca in tempesta.
Per Merton, il simbolo della vita, e della via, monastica. Ricercare se stessi e la comunione con il Divino. Nella quiete e nel silenzio. Perché la vera preghiera interiore è possibile solo quando istinti, passioni, ambizioni tacciono. E il lago del cuore – come lo chiama Dante, nel II dell’inferno – riposa terso e tranquillo.
Certo, le acque della nostra vita quotidiana non sono né così pure, né così pacate. Viviamo, o meglio trasciniamo la nostra esistenza tra tempeste furiose e, quel che è peggio, stagni putridi.
Leggendo Merton, ho provato, come è naturale, una forte attrazione per quella vita. Che non è, per altro facile. Se qualcuno ha memoria delle, proverbiali, tentazioni di Sant’Antonio, il padre del deserto, lo capirà facilmente. La quiete del cuore si conquista solo a prezzo di una dura lotta con se stessi. E T. A. Hoffmann ha narrato, ne “Gli Elisir del diavolo”, proprio la storia dei tormenti di un monaco. Che aveva scelto la via della contemplazione. Ma che deve fare i conti con il suo demone. E con la sua metà oscura.
E Herman Hesse, nel suggestivo “Narciso e Beccadoro”, ha saputo rappresentare, nella amicizia tra il monaco e l’artista, due percorsi diversi della vita.
Questo, solo per fare alcuni esempi di come la vita contemplativa, le acque calme e pure, abbia continuato ad esercitare una possente attrazione sull’uomo. Ben oltre i limiti storici del Medioevo, ove siamo usi relegarla.
Certo, quella vita dedita a studio, contatto con la natura, meditazione non può non esercitare ancora attrazione. Almeno su uomini non del tutto degradati a meri istinti ed interessi volgari.
Tuttavia, mi viene in mente una frase di Nietzsche. Che fa tornare dal deserto il suo Zarathustra, per insegnare all’uomo moderno come trascendere il suo limite :
Per restare puliti, in questo mondo, bisogna imparare a lavarsi con l’acqua sporca.