Il Premio Acqui Storia non concentra la sua attività solo nella valutazione dei libri di carattere storico che concorrono al più importante premio letterario europeo del settore, ma organizza nel corso dell’anno presentazioni di volumi sempre a tematica storica.
Il 29 marzo sarà la volta di “Traiano. Il sogno immortale di Roma” edito da Epika Edizioni e scritto da Gianluca D’Aquino, autore di romanzi, sceneggiature e racconti.
Quest’opera è stata scelta per essere presentata fra le migliori novità italiane del 2018 alla fiera internazionale del libro di Francoforte, la celebre Frankfurter Buchmesse, ed è stata finalista al Premio “Fiuggi Storia 2018”.
L’Autore incontrerà il pubblico alle ore 17,30 presso la Sala Conferenze di Palazzo Robellini, Piazza Levi 5 e sarà introdotto dall’Assessore alla Cultura Alessandra Terzolo.
La grande storia di un uomo che non perse mai la capacità di sognare e nonostante le conquiste continuò a bramare l’eternità, sognando di emulare e superare le imprese di Alessandro Magno, non dimenticandosi mai di operare per instaurare il principato migliore che il suo popolo potesse desiderare.
A diciannove secoli dalla sua morte, la figura di Marco Ulpio Traiano non ha smesso di risplendere. Discendente di uno dei soldati romani insediati in Spagna, a Italĭca, città fondata da Scipione l’Africano, Marco Ulpio Traiano compie una inesorabile ascesa al potere: senatore, generale e poi imperatore di Roma e di tutto l’impero.
Marco Ulpio Traiano può essere considerato come l’imperatore che ha tracciato una linea di confine fra due epoche, probabilmente non in senso storico nell’accezione più stretta ma imponendosi come il primo fra i principi di Roma a essere o a realizzare qualcosa che fino a quel momento non si era ancora verificato. Inaugurò infatti epoche lucenti della vita politica, sociale e militare della storia di Roma e dell’impero.
Fra gli aspetti più evidenti ricordiamo che fu il primo a spingere i confini di Roma là dove nessuno prima di lui, e neppure successivamente, era riuscito a portarli, inglobando circa 6,5 milioni di chilometri quadrati e spingendosi fino alle sabbiose coste del maris Erythraei, l’attuale golfo Persico; fu il precursore di quella che sarà definita età aurea dell’impero romano, una delle epoche più splendenti per Roma e per l’impero, nel corso della quale l’impegno del princeps fu rivolto all’interno, alle strutture, al sociale, alla pace, facendo rifiorire il commercio, i servizi e la serenità del popolo. In questi elementi si estrinseca poi tutta l’attività di Traiano, che andò ben oltre la mera e schematica classificazione del suo essere e del suo compiuto, e che l’Autore cercherà di illustrare e riassumere con l’auspicio di rendergli sufficiente onore.
Forte e prestante nel fisico, quanto nell’animo, Marco Ulpio Traiano fu una persona di estrema mitezza e affabilità. Ebbe il pregio di farsi amare da tutti e a tutti i livelli. Lo stesso Dante Alighieri, nella Divina Commedia, pone Traiano in Paradiso, nel Cielo di Giove, fra i sei spiriti giusti che formano l’occhio della mistica aquila.
Traiano ebbe un grande senso dello stato e delle istituzioni e si dimostrò, anche da princeps, sempre al servizio di Roma e mai come il primo uomo dell’impero, al di sopra di tutti come per scelta divina. Questo suo approccio lo distinse da molti dei suoi predecessori e in particolare da chi, come lo stesso Domiziano, si impose più come dittatore o tiranno che come sovrano.
Il riscontro più evidente fu l’amore, talvolta incondizionato, che ricevette da parte dell’esercito e il rispetto, prezioso, che il senato gli tributò. Il popolo vide in Traiano l’imperatore desiderato da tutti, capace di portare prosperità e sostegno anche alle classi più deboli, a vantaggio delle quali investì anche parte del proprio patrimonio personale.
Molte delle riforme di Traiano sono entrate nell’uso comune anche nei principati successivi, in particolare la nomina alla successione imperiale, che il princeps volle mediante assegnazione alla figura più meritevole con la formula dell’adozione, come fu per lui.
Questo criterio fu fonte di fortune per l’impero, che poté così entrare in un periodo florido e luminoso sotto molti aspetti della vita politica, civile e militare. Il sogno immortale di Roma vuole essere proprio questo, l’esaltazione di un periodo quasi onirico che meriterebbe, ancora oggi, di esistere, per il benessere di tutti e non solo dei vertici della classe dominante.