Ultimi giorni di scuola. Neppure una settimana fa. È un ricordo fresco. Anzi, bruciante. E mi ci è voluto un po’ per metabolizzare, e infine scrivere questo pezzo..
Comunque…
“Scusi prof.” occhi brillanti, maliziosi. Sempre lei. Però oggi non ha motivo per cercare di…distrarmi. È l’ultima ora di lezione in questa classe. E fa un caldo boja…nessuno ha voglia di seguire. Tantomeno io di spiegare…
Dimmi
“Ma lei che farà questa estate?” strano…domanda scontata. Proprio da ultimo, noioso e stanco, giorno di lezione. Normale…ma non è da lei..
Che intendi? Dove andrò in vacanza? Beh, se ci riesco…
“No prof…Non intendevo questo. Sì, certo…se andrà in montagna o al mare…ma, ecco, volevo chiederle…lei si diverte o si annoia in vacanza?” ecco, qui già la riconosco di più…
“E che? Se dovrebbe annoia’? Quando nun c’ha sta rottura de’ star qua a cercare di spiegarce er Tasso o quel Leopardi…na banda de allegroni…” e il Boro ripete il gesto, per lui usuale, di tagliarsi le vene per lungo. Con un righello…le solite risate, naturalmente. Anche se un po’ più spente del solito.
Mah, la domanda, invece, non è così scontata. Perché, vedete,” vacanza ” deriva del latino. “Vacuum”. Che vuol dire vuoto, assenza… Perché, appunto, di una mancanza si tratta. La mancanza del lavoro che scandisce le nostre giornate. Delle abitudini connesse. Delle persone che vedi, incontri, con cui interagisci tutti i giorni…
“Però prof…mica è un male, no?”
No. Non è un male. Perché, periodicamente, uno stacco, una pausa ci vuole. Diciamo…per recuperare forze. Ricaricare le batterie. E non rischiare di diventare degli ossessi del lavoro. Di quelli che identificano tutta la vita solo ed esclusivamente con il lavoro. E che quando questo giunge a termine, come è inevitabile, cadono in una forma di catatonia…
“Ma che è sta catacosa?” Il coatto palestrato. Sto per rispondere, ma mi precede il Boro
” Vuol dì che se rincojoniscono e vanno a guarda’ i cantieri. O ar parco a da’ da magnà alle paperelle… ”
Rido.
Più o meno così. Se non peggio. Molti ci muoiono. Perché non riescono a sopportare, e gestire, quel vuoto improvviso…
Ed è qui il senso, autentico, della vacanza. Imparare a gestire…l’ozio.
” A professo’ su questo semo noi i maestri… ” e qui le risate si fanno più vivaci…
Guarda che l’ozio, come lo intendevano i romani non è starsene sul divano a grattarsi la trippa. (risate più intense). Piuttosto un ritirarsi in se stessi, per ritrovarsi. E tornare, poi, ai negotia con maggior vigore perché ben centrati, saldi interiormente.
Ne parlerete il prossimo anno in letteratura latina. Quando farete Seneca…
“A proposito prof..” la glaucopide. “C’è la possibilità che ci faccia lei anche latino in V?”
La guardo. E resto in silenzio. Poi giro gli occhi su tutta la classe. Ogni volto. Ogni nome. E tante memorie di questi due anni…difficili.
Non mi va, ma è l’ultima ora di lezione. E non posso lasciarli così…
” Ragazzi, devo dirvi una cosa…” si è fatto un silenzio profondo. Teso. Intuiscono che c’è qualcosa che non va. In fondo…mi conoscono bene.
“Vedete…io l’anno prossimo non ci sarò. Questo è il mio ultimo anno di scuola.”
“Perché?” la mora ora ha le guance arrossate. Gli occhi…beh fiammeggianti. In piedi. I pugni chiusi. “Perché prof?”
Perché prima o dopo doveva finire. Come tutte le cose. È quarant’anni che insegno. E credo sia giunto il momento…
“Però lascia proprio noi…” la glaucopide non urla. Sussurra. Ma nel silenzio dell’aula è come un grido.
Le guardo. Sono belle. E poi, in silenzio li guardo tutti. Ragazze e ragazzi, tutti belli, tutti volti che cerco di imprimermi nella memoria. Difficili da dimenticare. A meno che l’Alzheimer non faccia il suo lavoro…
Vedete… Una classe si finisce sempre con il doverla lasciare. È nel destino degli insegnanti…
“Ma proprio noi prof…credevo…credevo che ci volesse bene”
E qui è dura. Non posso cavarmela con la vecchia battuta: non mi pagano abbastanza per volervi bene.
E, per una volta, sono senza parole. Non credevo che sarebbe stato così difficile. Non è lasciare una scrivania. Un computer. Questo mestiere è altra cosa…
Resto in silenzio. Poi, il Boro
“A raga… Datece un tajo. Er prof ha la sua vita. E i suoi problemi…”
Lo guardo con gratitudine. Non studierà un tubo, ma quanto a capire…
Suona la campanella
Mi avvio per uscire.
E si alzano in piedi tutti anche loro. Mai in due anni.
Il Boro mi viene davanti. Mi punta gli occhi in faccia
” Non la dimenticheremo prof.”
Neppure io vi dimenticherò.
Esco nel corridoio. Per l’ultima volta.